Editoriale – Calcioscommesse: una sentenza giusta al retrogusto di…ingiustizia

CalcioWeb

de-laurentiisNel pomeriggio di ieri è arrivata la sentenza sul ricorso presentato dal Napoli in merito al processo del calcioscommesse: assoluzione totale per i calciatori Gianluca Grava e Paolo Cannavaro (in primo grado avevano ricevuto una squalifica di 6 mesi), ed annullamento della penalizzazione di due punti in classifica alla società campana stessa, punita con una multa di 50.000 euro, a fronte dell’iniziale meno 2 in classifica più pena pecuniaria di 70.000 euro.

Giubilo ed esultanza, come ovvio che fosse, in casa azzurra, cui ha fatto da contraltare il malumore emerso da altre parti d’Italia. Facendo infatti un giro per il web, giusto per tastare l’opinione popolare, e in attesa – se ce ne saranno – di ascoltare qualche parere eccellente in merito, abbiamo potuto verificare come ha reagito la gran parte dei tifosi, fatta salva, per ovvi motivi campanilistici, quella napoletana. Ed è evidente come il malcontento serpeggi, non perchè si ritenga la sentenza ingiusta, quanto perchè si ha la sensazione che, nel recente passato, sia stato utilizzato un metro di giudizio differente.

In soldoni, tre sono le domande che si pone il tifoso medio. La prima proviene più che altro dai sostenitori di Atalanta, Siena, Bologna e Torino, tutte società colpite – talvolta anche pesantamente – da una penalizzazione di punti in campionato per via di questa “benedetta” responsabilità oggettiva. Perchè – ci si chiede – al Napoli è stata applicata una sanzione ben più lieve che per altre squadre? Seconda domanda: perchè in passato – vedi i casi, per esempio, di Conte e Portanova – è bastata la testimonianza di una singola persona a condannare un soggetto, mentre adesso l’accusatore unico Gianello è stato ritenuto non del tutto attendibile? Ma soprattutto, come è possibile che siano state ridotte o annullate le pene di cui sopra, proprio in virtù della non totale credibilità attribuita a Gianello, salvo poi constatare che allo stesso è stata ridotta la squalifica, da 3 anni e 6 mesi a 21 mesi?

Sia chiaro, ogni processo fa storia a sè, ogni sentenza ha le proprie motivazioni, ogni vicenda ha determinati protagonisti diversi tra di loro, eppure è evidente come, in effetti, questa sentenza sia stata l’ennesima occasione di dimostrare come il sistema giudiziario sportivo vada assolutamente riformato. Cominciando col rivedere il principio della responsabilità oggettiva, vetusto ed assurdo, che pone troppo spesso le società in una posizione palesemente penalizzante, a fronte dell’unica colpa di aver (avuto) in rosa dei soggetti rivelatisi poi come un cancro per quelli che sono i principi di lealtà sportiva e via dicendo.

Noi, in mezzo a questi pensieri, abbiamo sensazione che nella giornata di ieri, con le sentenze emesse dalla Corte Federale, giustizia sia stata fatta. Consideriamo giusto non penalizzare, andando ad incidere sulle sorti di una competizione, una società per le colpe commesse in passato da un ex tesserato, e riteniamo che Cannavaro e Grava abbiano il diritto di poter tornare a calcare i campi da gioco della Serie A, lottando per traguardi che si sono conquistati col sudore della fronte, partendo anche dalle categorie inferiori. Siamo però altrettanto convinti che, in passato, non sia stata fatta altrettanta giustizia. Ma non solo: altra indicazione evidente venuta dalle sentenze, è che il processo in questione sia stata l’ennesima riprova di come Palazzi, nelle sue richieste, venga puntualmente sconfessato. Non è la prima  volta, del resto, e proprio in virtù di ciò siamo rimasti perplessi nel vedergli rinnovato il mandato dalla Federcalcio qualche mese addietro. Ma tant’è, nel calcio italiano sono tante le cose che non abbiamo compreso. Da più parti si chiede sempre il rinnovamento salvo poi, puntualmente, rivedere sempre gli stessi soggetti. Si riuscirà, un giorno, a cambiare sul serio?

Condividi