Il Tour de France all’interno di un ospizio: storie di vita vissuta, sport e narcolettici

CalcioWeb

Come sarebbe visto all’interno di un ospedale il Tour de France 2015 tra racconti che sembrano leggende e assopimenti generali

Storia di vita vissuta. Sala tv di un ospedale pubblico di Milano. I pazienti sono in fermento. Oggi hanno deciso di pagare il “canone giornaliero” che dà la possibilità di guardare i programmi televisivi, liberamente, per 24 ore. E tutti insieme, di comune accordo, hanno deciso di guardare la tappa del Tour de France. Gli animi sono eccitati. È quasi tutto pronto. Il pranzo è appena stato consumato. I caffè stanno arrivando. Le sedie a rotelle sono state sistemate in prima fila. Subito dietro, i posti dei pazienti che deambulano indipendentemente. Il morale è alle stelle. Ognuno di loro inizia a raccontare storie epiche e inverosimili di un ciclismo ormai passato. E iniziano i battibecchi. Poi, improvvisamente, tutti zitti, quando le immagini dall’elicottero li teletrasportano in terra di Francia, fra prati coltivati e santuari di guerra. Le memorie scorrono. I colori sono scintillanti. Nel mentre, la telecronaca di Francesco Pancani e Silvio Martinello informa i pazienti sullo sviluppo della gara in corsa. Tutti i ricoverati, di qualsiasi età, sono super attenti. E ben svegli. Poi la linea passa, improvvisa, allo studio. E alle parole noiose, lente, mugugnate, impostate, recitate, di Davide Novelli. È un attimo. L’intero ospedale si assopisce. Di botto. Infermieri compresi. È sonno profondo. Narco Sipario. Zzzzzzzzzz…….

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