Rivali, Borg vs Mc Enroe: così diversi da essere “Fire&Ice”… i grandi campioni di Wimbledon

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Agli antipodi, Borg e Mc Enroe, l’uno contro l’altro, hanno reso uniche le finali del torneo inglese

C’è il fascino dei campi da tennis in erba, l’aura della tradizione, il peso della storia. E c’è molto di più. Wimbledon, chiunque lo sa, non è solo tennis. Wimbledon è la coppa di fragole e panna, l’associazione a delinquere di colori abbinati come verde e viola, i curiosi e delicati cappellini delle dame londinesi. Wimbledon è uno di quegli eventi che riesce a fermare il passare del tempo lasciando le lancette immobili all’ora del mito. Sul centrale di Wimbledon sono passati fior fior di campioni della racchetta. Wimbledon: torneo, antico, prestigioso. Wimbledon: pioggia, incertezza, stile. Wimbledon: campioni, pubblico, primavera. Wimbledon: unico, assoluto, incomparabile. Certo. Tutto vero. Tutto sacrosanto. Tutto indiscutibile. Ma cè un ma. Perché è vero che i campi in erba sono una meravigliosa follia, che le fragole con la panna sono una istituzione e che gli asciugamani verdi e viola sono fra i gadgets più venduti. Ma è anche vero che senza i campioni Wimbledon perde molto dello smalto abituale. Wimbledon senza i grandi campioni è un orgasmo inesploso.

I grandi campioni. Due, su tutti, hanno rappresentato “I GRANDI CAMPIONI” su quest’erba tagliata a strisce. I loro nomi sono scolpiti nelle memorie collettive di chi ama quel tennis che non ha tempo. Il tennis del bel gioco e delle emozioni. Sono due giocatori che forse, uno senza l’altro, non sarebbero entrati così prepotentemente nella storia del tennis come invece hanno fatto, a braccetto, dopo i loro incontri svoltisi proprio sull’erba battuta del centrale. I loro nomi sono Bjorn Borg e John Mc Enroe, in ordine alfabetico per non offendere nessuno. E se i loro nomi sono quelli che avete appena letto, le loro finali a Wimbledon possono portare a testa alta l’aggettivo di “insuperabili”! Siamo negli anni 80. Uno è biondo, svedese, veste Fila e ha la racchetta Donnay. È introverso e taciturno. Colpisce sempre dal fondo. Usa il rovescio a due mani. L’altro è castano chiaro, riccio, americano from N.Y.C., veste Sergio Tacchini e ha racchetta Wilson. È estroverso e urla come un pazzo. Colpisce a rete dopo servizi rotanti. È mancino. Entrambi portano una fascia di spugna tergisudore a raccogliere i lunghi capelli. Entrambi odiano il gioco e il modo di essere del rivale. Entrambi, senza “il rivale” sarebbero stati “semplici” campioni. Incontrandosi, hanno dato vita a un mito. Succede quando l’ira incontra la freddezza, quando la calma incontra la rabbia, quando il fuoco incontra il ghiaccio. Proprio Fire&Ice fu descritta in quegli anni la rivalità Borg-McEnroe. Rivalità che ebbe proprio Wimbledon come teatro d’eccellenza. Per due partite. Due finali. In due anni.

wimbledon-19801980: è la finale di Wimbledon in cui i due giocano quella che viene spesso definita “la partita perfetta”. Complice un tie-break da infarto, al quarto set, con Borg avanti 2 set a 1, che vide per Borg la bellezza di 5 palle match per chiudere l’incontro e per l’americano McEnroe addirittura 6 palle per arrivare al quinto set e raggiungere la parità. Finì 18-16 per John il ribelle. La finale se l’aggiudicò invece lo svedese vincendo il quinto set 8-6.

Nel 1981 arrivò il momento della tanto attesa rivincita. E McEnroe non fallì l’impresa. Dopo un match super combattuto e teso fino all’ultimo, al quarto set (due dei quali chiusi al tiebreak) McEnroe riuscì a prevalere con il risultato di 4–6, 7–6, 7–6, 6–4. Questi due incontri raggiunsero vette tennistiche ancora ineguagliate. E riuscirono a raggiungere tali vertiginose altezze proprio grazie alla contemporanea presenza di due caratteri così forti e così diversi. Quando opposti di questo calibro si incontrano, la storia si siede e prende nota, attentamente.

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