Pugilato, droga, stupri, alcol e risse. La vita sprecata di un campione del pugilato
Michael Gerard Tyson nato a Brooklyn nel 1966, è stato uno dei pugili più forti del mondo. Il suo temperamento, la sua imponente fisionomia e non meno la sua fama, nel corso della sua vita, non hanno potuto fare altro che incrementare negli avversari sportivi che lo hanno affrontato il timore di tutti coloro che lo vedevano fare anche due semplici scambi di boxe. I soprannomi che gli furono attribuiti, Iron Mike, The Baddest Man on the Planet, Kid Dinamite e King Kong, rendono un’idea della brutalità presente nel pugile di cui ci appropinquiamo a parlare.
L’INFANZIA – Mike Tyson, così si fece chiamare per tutto il corso della sua carriera sportiva, ebbe un’infanzia difficile legata soprattutto alla mancanza del padre e alla presenza della madre che però era notoriamente dipendente dall’alcool. Il carattere chiuso di Mike lo porta ad isolarsi ed a non frequentare i suoi coetanei che anzi lo deridono per la sua passione per i piccioni, per i suoi vestiti sporchi e consumati e per i suoi modi gentili in contrasto con la sua corporatura mastodontica, infatti non era tra i più alti ragazzi della sua età ma era di certo il più “grosso”. Tyson ammette in un’intervista, come riferisce il Daily Mail di aver subito all’età di sette anni un abuso sessuale. La tempra del futuro pugile si forma proprio su questi tristi episodi tra le strade più malfamate e pericolose di New York dove vince la legge del più forte. Tyson crescendo decide di non sottostare alle leggi degli altri, ma di essere lui quello che detta le leggi.
Un giorno scoprì che un ragazzo aveva staccato la testa ad uno dei suoi piccioni, così per rispondere a questa grave offesa lo picchiò ferocemente, ma non si fermò qui. Il pugile continuò in seguito a ricorrere alle maniere forti in qualsiasi caso gli si presentò l’occasione. I risultati di questo suo nuovo comportamento lo fecero diventare uno dei soggetti più temuti del quartiere. Basti pensare che a soli 12 anni, dopo che si fu ritirato da scuola, egli si ritrovò in riformatorio perché accusato di fare parte della gang del suo quartiere, esperta in furti, aggressioni e risse. In riformatorio però Mike ha l’occasione di conoscere Muhammad Alì, che era in lì per incontrare i ragazzi.
IL PUGILATO – Già in riformatorio la boxe diventa la sua ossessione, si appassiona ad essa con tutto se stesso. La svolta in tale ambito si ha quando viene notato dal pugile professionista Bobby Stewart, che a sua volta lo presentò a Cus D’Amato, allenatore di molti pugili americani celebri.
“La prima volta che lo vidi mi trovai di fronte un ragazzino di 12 anni che pesava già attorno agli 80-85 kg, ma senza un filo di grasso. Era tutto muscoli, tanto che fummo costretti a chiedergli il certificato di nascita. Decisi di fargli un provino con Stewart che dovette impegnarsi un po’ per tenerlo a bada. Dopo un paio di riprese sanguinava dal naso, era grezzo, si muoveva male; ma aveva dalla sua parte una forza spaventosa. Avevo già deciso di prenderlo, ma lui voleva continuare. In realtà credo volesse solo dimostrarci di essere fortemente motivato, e non lo dico per vantarmi, ma con la sola forza non sarebbe mai diventato un campione del mondo. Occorreva la tecnica. Fin dall’inizio imparò prima di tutto a schivare i colpi degli avversari, visto il grosso handicap dell’altezza. (Mike era alto 178 cm, il più basso peso massimo assieme a Rocky Marciano, ad essere divenuto campione del mondo). Poi imparò a canalizzare la sua devastante potenza”.
Così racconta uno degli allenatori di Tyson la prima volta che lo vide. Molti dei guai che Mike combinava all’interno della palestra di pugilato dove si allenava furono riparati da Cus D’Amato, che non si comportava così con gli altri boxer, ma credendo fortemente in Tyson e volendo puntare alla vittoria per lui era l’unica strada. Proprio a tal proposito si esprime così Teddy Atlas, altro allenatore di Tyson: “Dietro a quel quadretto di famiglia non erano tutte rose e fiori. Mike veniva da una realtà difficile e non di rado mancava di rispetto a me e a Cus. Ma per Cus non era importante, perché la cosa a cui veramente teneva, era di essere ricordato per essere riuscito a tirare su un nuovo campione; un campione speciale. Rivedo ancora oggi, davanti ai miei occhi, quell’immagine del vecchio e del ragazzo che camminano assieme. Mi stai chiedendo se Cus fece delle eccezioni per Tyson che non avrebbe fatto per un pugile privo del suo talento?; sì lo fece, ma non per questo deve essere considerato male. Promise di farlo studiare ma Mike venne espulso dalla scuola. Il fatto è che Cus alla vista del giovane Mike, quando per la prima volta lo osservò incrociare i guantoni con Bobby Stewart, arrivò a predire che quel ragazzo tredicenne, se guidato e allenato a dovere, sarebbe divenuto con tutta probabilità il prossimo campione dei pesi massimi”.
Cus D’Amato vuole bene a Mike lo accoglie nella sua casa, salvandolo dal riformatorio e lo adotta legalmente dopo la morte della madre di Tyson. Quest’ultimo ripaga il suo nuovo padre vincendo nella sua carriera da dilettante 48 incontri si 54.
LA CARRIERA DA PROFESSIONISTA – I risultati ottenuti da Mike Tyson all’ingresso nella sua carriera professionistica sono strabilianti. Egli a soli 19 anni, nel 1985, sarà protagonista di ben 15 incontri tutti vinti per KO, di cui 11 alla 1ª ripresa. Mike si merita così, alla sua prima stagione da pugile professionista, la copertina più ambita dagli sportivi di tutto il mondo, quella di Sport Illustrator. A poco più di 20 anni l’ente World Boxing Council dà l’opportunità a Tyson di affrontare il campione Trevor Berbick, noto per aver sconfitto Muhammad Ali nell’ultimo match di The Greatest. Tyson (27-0-0) batte per KO al secondo round Berbick (31-4-1) conquistando il titolo mondiale WBC a soli 20 anni 4 mesi e 22 giorni. Diviene in poco tempo il primo peso massimo nella storia a detenere tre delle quattro cinture delle federazioni più importanti. Mike Tyson nel corso della sua carriera è stato uno schiacciasassi basti pensare ai 44 KO ottenuti in 56 incontri.
I GUAI CON LA LEGGE – La carriera di Tyson subisce un forte colpo quando nel 1992 la sua corsa verso il titolo mondiale viene fermata dall’accusa di stupro a scapito di Desir?e Washington. Il pugile ritenuto colpevole sconterà 3 anni di carcere. Subito dopo la scarcerazione Mike ritorna al pugilato. Non tornerà mai più ai suoi livelli ma l’incontro nel 1997 con Holyfield va citato in quanto gli costerà un’altra pesante squalifica. Mike, infatti dopo le testate non viste dall’arbitro che Holyfield indirizza verso l’arcata sopracciliare di Tyson spaccandola, perde la testa e morde l’orecchio dell’avversario staccandogli un pezzo di cartilagine, ma non si ferma qui, continua a provare a mordere l’avversario, finché l’arbitro non decide di assegnare la vittoria a Evander Holyfield. A seguito di ciò la Commissione Atletica del Nevada decide di revocare a Tyson la licenza di pugile per un anno.
Nel 1999 Mike tornerà ancora una volta in prigione dove sconterà 5 mesi dell’anno di reclusione inflittogli per aver aggredito fisicamente due automobilisti in seguito ad un tamponamento avvenuto nel Maryland.
Dopo aver scontato la squalifica Mike Tyson torna al pugilato, ma le dicerie sulle sue condizioni fisiche non ottimali e sugli avversari scelti ad doc per non far sfigurare il pugile campione del mondo falsano l’esito degli incontri.
Da qui in poi una serie di incresciose vicende rendono Mike Tyson il peggior sportivo degli ultimi 25 anni (dato di ESPN25.com), come il tatuaggio in pieno volto, la bancarotta, l’arresto per possesso di stupefacenti e la guida in stato di ebbrezza. Lui stesso ha ammesso che, come riportato della Gazzetta dello Sport: “Ero sotto l’effetto della cocaina durante gli ultimi incontri più importanti. Agli esami del doping avevo sotto i pantaloncini un pene finto con la pipì fatta da un mio amico. Usavo quella per riempire le boccette degli esami ed è sempre andata bene. Sono 90 giorni che non sto toccando nulla. Ho iniziato a frequentare gli alcolisti anonimi che mi stanno aiutando. Sto soffrendo ma ho ritrovato mia moglie Kiki al mio fianco. Voglio continuare a vivere la boxe come promoter, a occuparmi di spettacolo e cinema. Non ho mai abusato di Desiree Washington, le conseguenze della sua azione sono una cosa con la quale dovrà convivere per il resto della sua vita“.
Una vita sregolata governata da violenza e perversione. Un talento sprecato? Forse questo no, il talento l’ha dimostrato e l’ha sfruttato ottenendo risultati importanti. La sua rabbia, dovuta ad una vita tutt’altro che facile, è stata canalizzata giustamente nello sport per arrivare a risultati prestigiosi ed encomiabili. Forse sarebbe stato il massimo se la rabbia espressa da lui nei confronti dei suoi rivali si fosse espressa solo verso i suoi rivali sportivi e non dentro e fuori dal ring indistintamente.