Arresti ultras, Lotito è un fiume in piena: battaglie, minacce e rivelazioni agghiaccianti

Il presidente Claudio Lotito ha affrontato il delicato argomento degli arresti degli ultras a Milano

CalcioWeb

E’ un fiume in piena Claudio Lotito, presidente della Lazio, con riferimento agli arresti degli Ultras di Inter e Milan. “Non voglio fare il bello, specialmente in questo momento, ma io sono stato il primo ad assumere una posizione molto chiara, ho fatto una scelta di campo: fra consenso e legalità ho scelto la legalità, con le conseguenze che ne sono derivate per la sicurezza personale e della mia famiglia.

Ancora oggi vivo sono scorta, ricevo minacce telefoniche, anche 7-8 al giorno, cortei e cori contro, volantini con la mia tomba e le candele, ma tengo il punto e non mi piego”. Lo dice il presidente della Lazio, Claudio Lotito, intervistato dal “Messaggero”. “Avevo già detto tutto alla commissione antimafia, ora da giorni mi fanno i complimenti in aula per tutto quello che ho fatto e perché non mi sono mai spaventato. Avete visto che cosa sta succedendo? E sono convinto che uscirà dell’altro. Ci sono altre indagini in corso, non solo a Milano… Ancora oggi mi attaccano da tutte le parti, ma io combatto. Se scendi a compromessi, sei morto”.

Eppure, prosegue, “ho indicato la strada 20 anni fa e il mio esempio può essere seguito. Basta con quelli che vogliono fare i tifosi per professione per guadagnare soldi, è arrivato il momento di non legittimare più i delinquenti. Tifoso significa appassionato e la passione si persegue con il diritto di critica, ma sempre nel rispetto delle regole. Ma quando si vuole condizionare l’operato delle persone per fini personali si può finire in logiche perseguite dal codice penale e non solo. Un presidente è custode del patrimonio storico e sportivo della società, che preserva e tramanda senza scendere a patti. Ho risposto dal 2004 a muso duro. Niente abbonamenti e biglietti gratis, basta con le trasferte pagate dalla Lazio”.

Questa rigidità cosa ha comportato? “Di tutto, sono scampato a bombe e ogni tentativo di intimidazione, ho dovuto rafforzare la mia sicurezza perché ho arginato il business delle curve. Mi ricordo ancora quando incontrai quattro tifosi della Lazio. È tutto agli atti degli inquirenti, li incontrai a piazza Cavour, davanti al cinema Adriano. Si presentarono quattro persone e uno di questi, pace alla sua anima, era Diabolik. Piscitelli si presentò e mi disse ‘presidè, buonasera, io sono Diabolik. Lo guardai e gli risposi “buonasera, ispettore Ginko’. Diabolik mi chiese se stavo scherzando. No, gli risposi. E dissi ‘io sto dalla parte delle guardie’. Racconto sempre quest’episodio. Percepii subito che c’era qualcuno che utilizzava il calcio per altri fini e amavo dire ‘mi porti la carta d’identità, mica c’è scritto professione tifoso’. Sono contro i soprusi, è una mia indole, fa parte del mio DNA. Mi ribello con tutti i mezzi legali che ho a disposizione. Probabilmente i miei colleghi in passato non l’hanno fatto perché era più comodo”.

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