Benedetta Pilato e Filippo Macchi sulla luna

Benedetta Pilato e Filippo Macchi sulla luna: l'editoriale di CalcioWeb dopo le ultime sfide alle Olimpiadi di Parigi

CalcioWeb

Lei è Benedetta Pilato, ha 19 anni, viene da Taranto. Viene da un territorio dove le cose bisogna sudarle, tutte, dove la fatica per ottenerle si può trasformare addirittura in premio.

Non salire sul podio delle Olimpiadi per un battito di ciglia non ha scalfito la sua felicità per essere arrivata fin lì, probabilmente, per aver compreso definitivamente che la via di questa fase giovane della sua vita è quella là, nella piscina.

Oltre la polemica con Di Francisca (e però bisognerebbe imparare ad accettare che i commentatori dicono ciò che pensano, non ciò che vorremmo che pensassero, ma questa è altra storia) che ha ancora qualche ora di diritto di cittadinanza prima di accedere all’oblio eterno, c’è di più, molto di più.

C’è una lezione di una generazione di giovani sportivi che riescono a guardare oltre il risultato, che riescono a piantare piedi e cuore nella nobiltà di quella fatica profusa per anni e anni ben lontani dai riflettori.

Chi sa di sport è bene abituato all’idea che il vincitore e lo sconfitto siano separati spesso solo da un respiro, una frazione di secondo, un refolo di casualità e questo se fa tutta la differenza del mondo al momento di scrivere i palmares, gli albi d’oro, non toglie nulla nell’intimo di chi sa di esserci comunque arrivato, in vetta, di chi capisce che, centesimo di secondo più o meno, con i grandi ci può stare, nel giardino del re ha, ormai titolo di cittadinanza. E vi pare poco?

La lezione di Filippo Macchi

Pensate che Filippo Macchi, 23 anni, da Pontedera, schermidore, è andato oltre.

Lui lo sa di aver vinto, lo sa di essere stato derubato del titolo olimpico, lo sa di aver fatto tremare il campione olimpico in carica e tutto ciò gli brucia, eccome se gli brucia, ma – superati i primi momenti di frustrazione – dà una lezione al mondo intero, si presenta alle telecamere con l’aria di chi sa che tutti sanno e, addirittura, sottolinea di aver mancato nel momento in cui non è riuscito a chiudere il match subito prima del misfatto, quando ne ha avuto per due volte la possibilità.

Ma, ripetiamo, bisogna guardare oltre il fatto, saltare il cancelletto del contingente e trovarsi al di là, a piè pari, nel campo sconfinato dell’approccio alle cose, della filosofia del praticare uno sport, anche ai massimi livelli, il che significa anche accettazione.

Accettazione della sconfitta, della sfortuna, dell’ingiustizia, accettazione anche dei propri errori, accolti come occasione di miglioramento. Domani è un altro giorno e Benedetta e Filippo lo sanno bene e, probabilmente, anche tanti loro colleghi stanno dalla parte di chi conosce il salato del sudore e delle lacrime e rispetta comunque il gioco, anche quando è spietato, forse anche sporco.

Dall’altra parte, invece, giornalisti, tifosi, opinionisti assortiti, hanno scelto di starnazzare a cercare di vivisezionare il dito dei nostri due atleti che, imperterrito, continua a indicare la Luna, quella Luna sulla quale Benedetta e Filippo stanno già montando le tende della loro consapevolezza di essere tra i grandi protagonisti che incarnano in maniera fedele lo spirito di Olimpia.

“Le verità cercate per terra da maiali, tenetevi le ghiande, lasciatemi le ali” cantava Francesco Guccini e, probabilmente senza saperlo, Benedetta e Filippo si sono presi a pieno titolo il ruolo di interpreti. Se il futuro è certamente loro, nel recentissimo passato hanno già insegnato a tanti cos’è lo sport e quanto, chi ne sposa e pratica i principi, ne sia elevato, proiettato in alto.

Sulla Luna, appunto…

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