Gravina costretto alla resa. Da se stesso

Gravina costretto alla resa. Da chi? Da se stesso. Errori e comportamenti che hanno portato all'emergenza Nazionale

CalcioWeb

Hanno provato a far vedere di essere un gruppo unito, dal vertice federale fin giù alla Nazionale; hanno provato a raccontare la favola dell’obiettivo, del progetto, dell’incidente di percorso, ma sono talmente scarsi che il tentativo è franato miseramente ed è franato perché a tirare le orecchie (e anche due schiaffoni) a Gravina e Spalletti ci ha pensato il Ministro Abodi al quale – evidentemente – deve essere partito l’embolo inverso quando ha sentito il Presidente Figc (sì, eletto, ma anche pagato, lui e il suo circo, da soldi pubblici) affermare a petto in fuori che al di fuori della Federazione nessuno può mettere becco nelle cose dell’Ente, appunto.

E’ toccato dunque ad Abodi e a stretto giro anche al Presidente del Coni Malagò sottolineare il disastro, lo scempio perpetratosi negli anni (e che in Germania ha visto svettare, maestosa, la punta dell’iceberg), rispetto al quale era cominciata una vergognosa opera di “normalizzazione”, come se, al di là dell’uscita agli ottavi, al di là dei deliri tecnico-tattici, fosse nelle cose farsi prendere a pallonate per un tempo dall’Albania e per tutta la gara da Spagna, Croazia e Svizzera, con annesse – legittime – prese per i fondelli da parte di tutta la stampa mondiale.

Le spaccature e il silenzio di Buffon

Ma, dicevamo, che il gruppo fosse tutt’altro che unito lo si vede da mille piccoli dettagli: Spalletti che, felice per il pari al minuto 98 contro la Croazia, sbotta contro un giornalista.

Se la prende – in modo aggressivo e sgarbato – con l’inviato, ma in realtà, col suo “te l’hanno detto” ripetuto quasi dieci volte, sta parlando a qualcuno all’interno del suo gruppo. A chi?

Spalletti stesso manda in confusione i suoi calciatori e quelli dell’Inter, ad esempio, non gradiscono di essere stati tutti spostati in ruoli non loro e non congeniali. Fatto è che al gol di Zaccagni (misteriosamente fatto fuori contro la Svizzera) solo in due calciatori corrono ad abbracciare Spalletti.

Ma, dicevamo, i segnali sono tanti: come leggere il silenzio tombale di un monumento come Buffon che, intanto, con grande serietà, rimette il suo mandato di team manager nelle mani della Figc?

Perché Gigi non parla, non dice una sillaba? Cosa ha visto o sentito di evidentemente fuori dal mondo calcistico? E lui qualcosina, piccola piccola, la conosce di certe atmosfere, di certi ambienti…

Gli errori di Gravina

Gravina non scarica Spalletti solo perché metterebbe la firma sotto al proprio personale fallimento gestionale (dopo la mancata qualificazione ai Mondiali 2022) e questo è evidentissimo, si autoblinda fino al 2025 e poi, dopo le uscite di Abodi e Malagò, fa marcia indietro, torna a cuccia e fissa le elezioni anticipate (alle quali non si ripresenterà) in Novembre.

Gravina, in mezzo agli altri peccati, si porta sulle spalle quello di avere spinto (e ottenuto) le norme sul “decreto crescita”, il quale ha fatto sì che gli stranieri costassero ai club almeno il 30% in meno rispetto agli italiani, di non aver in alcun modo dato spinta e sostegno alle attività giovanili dei club minori o minimi, da sempre linfa del calcio italiano.

E torniamo sempre ai soliti discorsi: Scirea, Cabrini, Tardelli, Rossi, Inzaghi, Del Piero, Collovati, Mancini, Vialli, Baggio, Causio, Facchetti, Rivera, Riva, Boninsegna, Conti, Zoff, Vieri, Antognoni (e l’elenco potrebbe continuare all’infinito) non escono dai settori giovanili delle big, ma dalla provincia italiana.

Sono davvero pochi i campioni della storia nazionale che sono stati formati nelle grosse squadre, fin da piccoli; a memoria si ricordano Totti, Bergomi, Paolo Maldini, in parte Costacurta, Mazzola, Ferri, Bettega e pochissimi altri.

Eppure cosa ha fatto la Figc, negli anni, per dare una mano alle piccolissime società periferiche, anche solo per provare ad andare avanti?

Nulla, anzi sono state vessate da tasse crescenti che hanno portato in molti casi alla chiusura dei club (non è un caso che in molte zone del Paese non si riesca a mettere in piedi i campionati della terza o addirittura seconda categoria, altro che settori giovanili…).

Gravina e il rapporto ‘prono’ ai grandi club

Ma tutto ciò ha un peccato originale inconfessabile ed anche facilmente comprensibile, nella sua genesi: ovunque la Federazione è il garante, il tutore dell’intero sistema football che rappresenta un cardine economico-sociale per il Paese, non è uno scherzo.

E sapete in primis da chi la Figc dovrebbe proteggere il sistema?

Ovviamente dai grossi club che (da parte loro legittimamente) tendono a fagocitare tutto (risorse economiche, politiche di sviluppo) secondo i loro esclusivi interessi, che spesso cozzano con quelli di migliaia di altre società.

Ma Gravina (e prima di lui gli altri), con una visione miope di chi – evidentemente – non si sente un garante ma solo il beneficiato da un giro di giostra, ha preferito, piuttosto che tenere la linea con i grandi club, piegarsi a tutte le loro volontà, in maniera prona, supina.

Eccezione ha fatto la Juventus perché indicazioni in tal senso sono arrivate dall’Uefa, ma proprio la Juventus, per bocca di Andrea Agnelli, più volte, con i modi cortesi tipici dei torinesi, ha fatto notare come dia fastidio che si debba pensare, ad esempio, all’Atalanta… figurarsi alle serie minori…

Anche nei rapporti con la Lega Serie A la Figc ha mai saputo (rectius, voluto) fare la voce grossa, neppure rispetto ai palinsesti televisivi.

In Inghilterra, per tutelare i campionati minori (che giocano tutti alla stessa ora), è vietata qualunque trasmissione televisiva di match in una fascia oraria di tre ore del sabato pomeriggio, quella in cui giocano i campionati minori.

E così, da noi, il Presidente di una piccola squadra di paese o di quartiere che gioca in Promozione e per la quale, ad esempio, 500 biglietti sono ossigeno puro, deve fare i conti con i suoi compaesani che gli dicono “oggi verrei al campo, ma gioca l’Inter, gioca il Milan o gioca la serie B“. E parliamo, davvero di piccole cose, figurarsi se si riesce a trovare la quadra per cose più serie.

In definitiva Spalletti (con tutti i suoi recenti deliri tecnico-tattici, ma anche con competenze e serietà impossibili da mettere in discussione) è l’ultimo dei problemi, ma davvero l’ultimo, anzi è l’emblema di come questa parodia di Figc sia riuscita nell’impresa di trasformare una risorsa in un problema.

Dalle elezioni FIGC passa il futuro del calcio italiano

Ora Spalletti resterà “orfano” per le prime, importanti, partite della prossima stagione (fino a Novembre, almeno), perché è evidente che Gravina, con le valigie messegli sul pianerottolo da Abodi e Malagò, non avrà più alcuna autorevolezza.

Stavolta, per una volta, dalle elezioni passa quasi tutto il futuro e la sopravvivenza ad alti livelli del calcio italiano. Serve gente competente e però serve anche gente autorevole.

Il nome di Mauro Balata (Presidente della Lega di B) potrebbe avere le caratteristiche giuste per serietà, competenza, rigore e pulizia, ma serve anche forza al futuro consiglio federale per adottare scelte difficili e, in più, serve anche comunicazione capillare e testimonial credibili sul territorio, sui territori.

La lunga estate dei dialoghi sotterranei è appena cominciata, in ballo c’è il calcio italiano che, per gli italiani, non è mai stato solo un passatempo…

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