Ci sono stati anni, all’alba del nuovo millennio, nei quali il Sud del Paese era rappresentato solo simbolicamente nella cartina geografica del football italiano. Nella stagione 2001/2002 alle partecipanti della serie A italiana toccava scendere a Sud di Roma soltanto una volta, per andare a Lecce; stessa storia nella stagione successiva, ma in direzione Reggio Calabria.
Da allora in poi – mentre il football italiano conosceva mutamenti epocali e si attorcigliava in una crisi sempre più feroce – i clubs del Sud sembrava potessero restare a galla, fino a raggiungere due volte il top, nel 2008/2009 e nel 2010/2011 con ben sei rappresentanti.
Da allora in poi è sempre stata una rincorsa contro vento, mentre cambiavano le dinamiche dei capitali a sostegno del movimento, mentre le proprietà straniere anno dopo anno conquistavano terreno, palmo a palmo, come in una campagna militare, con l’ostinazione dell’esercito dei barbari.
La stagione 2022/2023 sembrava potesse segnare una svolta, perché dalla serie B arrivarono in A Frosinone e Cagliari, in aggiunta a Napoli, Lecce e Salernitana.
La Serie A 2024/2025
La retrocessione di Salernitana e Frosinone, però, porterà ai nastri di partenza della prossima stagione solo tre rappresentanti dell’Italia meridionale e insulare: Napoli, Lecce e Cagliari.
Ma, al di là del – pur significativo – dato numerico, ciò che lascia pensare è la variegatissima mappa dello stato di salute dei clubs meridionali, figlio, manco a dirlo, di una situazione socio-economica quanto meno complicata.
A fronte di realtà virtuosissime come il Lecce, duole rilevare che il Napoli per tornare a rivincere il titolo dopo Maradona ha dovuto affidarsi a De Laurentis, lo stesso De Laurentis (in realtà il figlio) che il Sindaco di Bari ha invitato senza eufemismi a levare le tende per consentire al club di provare a rilanciarsi, mentre il Cagliari sta ai tavoli che contano con fatica ma con altrettanta continuità grazie all’imprenditore lombardo Giulini.
Solo Catanzaro pare in crescita
Sprofondate realtà tanto belle quanto effimere come il Benevento e il Crotone, con piazze storiche come Avellino, Taranto e Foggia che, pur in ripresa, paiono lontanissime da un’idea di vertice del calcio italiano, rilevata la confusione che regna sovrana a Salerno, segnalata la catastrofe reiterata in cui è sprofondata la Reggina e sottolineata la bella sorpresa (ma in serie C) della Juve Stabia, la crescita costante del Catanzaro (la cui proprietà, fin qui straordinaria negli anni, non ha capitali infiniti), e il galleggiare nel limbo del Cosenza, appare chiaro che sono davvero pochissime le realtà che possono ambire (con qualunque provenienza geografica delle proprietà) a scalare i vertici del football mettendo radici nella massima serie e puntando a vette sempre più ambiziose, negli anni.
Servono proprietà molto danarose, piazze numericamente importanti e caratterizzate da passione notevole, servono strutture, serve un bacino di tifosi imponente anche molto lontano da casa (come Juve, Inter e Milan ad esempio), serve un appeal territoriale internazionale indipendente dal football robusto e, visto che siamo al Sud, servono anche infrastrutture trasportistiche e flussi turistici di alto livello.
Tutto ciò, lo ripetiamo, per ambire nel tempo ad alzare la voce ai piani alti della serie A, non solo a starci con l’obiettivo di grattare un altro anno…
In realtà l’identikit è cucito benissimo, porta dritti a due realtà, che la storia millenaria ha già consegnato a un certo tipo di ambizione quando il football ancora doveva vedere il primo calcio d’inizio della sua storia.
Palermo e Catania in serie A? Presto…
Stiamo – evidentemente – parlando di Napoli e della Sicilia o, se vi pare più romantico del Regno di Napoli e del Regno delle due Sicilie.
Ma se, tornando al calcio, il Napoli – manie di onnipotenza di De Laurentis a parte – la sua strada l’ha già individuata, il pianeta Sicilia è tutto da esplorare e i segnali ci dicono che se nel prossimo futuro ci sarà un territorio italiana che calcisticamente arriverà ai vertici, questo è la Sicilia.
Partendo dal basso sono innegabili i fermenti e le spinte che tra i dilettanti vedono clubs scalpitare per un ruolo tra i professionisti. La cavalcata e le ambizioni del Trapani (che ha tritato il campionato di serie D e la cui proprietà ha ambizioni di massima serie anche nel basket) sono evidentissime (almeno sulla carta) e il Siracusa, da secondo nella graduatoria delle ripescabili, sogna a ragion veduta la C.
Non è un caso che gli arabi (con sponda inglese) abbiano scelto Palermo. Anche qua ci soccorre la storia: gli arabi a Panormus sono di casa, il legame socio-culturale col territorio non è mai stato reciso del tutto e sul piano internazionale Palermo è la Sicilia.
E se si parla di Sicilia non solo ci si riferisce ad una delle più popolose Regioni del Paese (quasi quanto il Veneto), ma anche il territorio che vanta il maggior numero di figli sparsi per l’Italia e il mondo.
Investire in Sicilia, nel Palermo, è garanzia di ridondanza di immagine ovunque sul pianeta e, infatti, i più che robusti investimenti da subito realizzati (centro sportivo in primis) ci raccontano di una porzione di Sicilia prontissima a rialzare la testa.
Ma c’è un’altra porzione di isola che sta – ancora a fari bassi – per spiccare il volo.
La storia calcistica del Catania e di Catania sono molto differenti da Palermo; qui gli ingentissimi capitali arrivano, si, dall’estero, ma si tratta di catanesi di rientro; le ambizioni, i fermenti commerciali del territorio metropolitano di Catania sono, per certi versi, superiori a quelli di Palermo, mentre passione, numero di catanesi sparsi per il mondo non ha nulla da invidiare a nessuno.
Le ambizioni del Catania hanno lo stesso spessore di quelle del Palermo ed entrambe sono sostenute da flussi di denaro che permettono di fare la guerra a chiunque e c’è da giurarci che presto le due massime rappresentanti dell’isola saranno ai tavoli che contano del calcio italiano, come accaduto una dozzina di anni fa per 5 stagioni.
Il Catania parte da più lontano, ma le dichiarate aspettative di serie A in 4 anni hanno davvero solide fondamenta. Il territorio – dicevamo – è economicamente prontissimo a fare da volano per prospettive europee del club uguali o superiori a quelle di Palermo (si pensi solo che l’aeroporto Fontanarossa movimenta oltre 10 milioni di passeggeri l’anno, circa il 20% in più di Punta Raisi).
Guardare a un singolo campionato, a questa o quella stagione “bucata”, a quel tale allenatore o quell’altro, a una categoria da scalare più o meno in fretta è confondere la luna col dito, mischiare il contingente con la prospettiva.
Una prospettiva che – in maniera ineludibile – porterà presto la Sicilia ad un ruolo da protagonista stabile, è solo questione di tempo.
Il resto del Sud – salvo qualche oasi felice – sa, invece, di brancolare nel buio di un calcio sempre più insostenibile e sempre più per ricchi e che attecchisce in territori ricchi o appetibili…