Abbiamo letto sulla grande stampa nazionale articoli contro Roberto Mancini in cui c’erano toni, termini e modi che non erano stati spesi neanche su Matteo Messina Denaro. O Totò Riina. Evidentemente troppo forte era l’esigenza di Gravina e del palazzo di pilotare una campagna di fango contro il ct dimissionario, per scaricare le proprie responsabilità sull’unica vittima di una situazione incresciosa all’interno della Federazione. Così hanno fatto scrivere ai loro lacchè persino quali auto Mancini potrà acquistare con i soldi arabi (prima, invece, era un poveraccio che andava in giro con la lambretta), hanno fatto pubblicare editoriali vergognosi sull’allenatore “baciato dalla fortuna” da sempre “sopravvalutato“. E c’è ancora qualche allocco che continua a comprare quei giornali di servi. Che schifo.
Ma Mancini oggi ha parlato. E ha chiarito che “l’Arabia Saudita non c’entra niente” nella scelta delle sue dimissioni, confermando che è andato via perchè da tempo con Gravina c’era un’enorme diversità di vedute e poi non ha potuto accettare l’intromissione nella composizione dello staff tecnico. “Voleva togliere due figure molto importanti per me, è da un anno che voleva farlo, io gli avevo spiegato che non poteva. Non poteva privarmi di due persone di un gruppo di lavoro che funzionava, che funziona e che ha vinto l’Europeo. Semmai sono io che potevo sostituire un membro dello staff. Sapete la verità?. È da un po’ di tempo che lui pensava cose opposte alle mie. Ma allora perché intervenire sullo staff? Cosa c’entra? A quel punto doveva mandare via me. Invece ha colto l’occasione perché alcuni miei collaboratori erano in scadenza e ha giocato su questo. Io potevo essere più duro, certo, ma pensavo lo capisse da solo”.
Eppure Roberto Mancini è stato un grande allenatore con la Nazionale. Grandissimo. All’inizio eravamo molto scettici, ma poi gli abbiamo chiesto pubblicamente scusa. E oggi stiamo dalla sua parte. Ha vinto un Europeo compiendo un’impresa storica. Ha portato l’Italia due volte sul podio della Nations League. Ha battuto il record mondiale di imbattibilità. Ma soprattutto ha costruito un’Italia finalmente, forse per la prima volta nella storia, bella e offensiva, moderna, con un gioco basato sul possesso palla, il predominio territoriale, il fraseggio e la bellezza tecnica condita da efficacia e concretezza. Lo ha fatto nel momento peggiore del calcio italiano, con pochi talenti genuini, senza grandi attaccanti oltre Immobile e con mille difficoltà con la Federazione.
Ha anche mancato una qualificazione Mondiale, è vero. Ma obiettivamente non per colpa sua. La Svizzera è arrivata davanti nel girone per due rigori sbagliati negli scontri diretti e una partita contro la Bulgaria pareggiata a Firenze con l’80% di possesso palla, 27 tiri e 4 pali e traverse.
I problemi del calcio italiano sono profondi e strutturali. L’unico a doversi dimettere è proprio Gravina, che da quando guida la FIGC ne ha combinata una più del diavolo. E il problema sarebbe Roberto Mancini? Il violento gioco al massacro scatenato nei suoi confronti è la conferma della debolezza di un sistema in preda al panico.