Sta iniziando l’ultimo weekend di calcio nazionale in Italia. Poi rimarranno soltanto spareggi e finali. E allora oggi parliamo di calcio. Facciamo un bilancio. Ma soprattutto ci togliamo qualche sassolino. Giusto per puntellare alcuni fatti ormai acclarati, oggi documentati dalla storia.
Il Napoli ha la sua forza straordinaria nella società. Ha vinto e vincerà ancora, non solo in Italia, a prescindere da allenatori e calciatori. Quando lo scrivevamo negli anni, i sapientoni del pallone erano certi fosse un caso dovuto a qualche allenatore o calciatore e poi si sarebbe ridimensionato. Non avevano capito nulla.
La Juve è feccia nel Dna. Mentre stravinceva (solo in Italia) continuava a imbrogliare, ma i soliti sapientoni ci dicevano che eravamo “complottisti”. Adotta atteggiamenti arroganti persino con il social manager: imbarazzante il comportamento assunto per lo scudetto del Napoli e la sconfitta in Europa League della Roma. Non accetta di perdere e non accetta neanche che gli altri possano vincere. Non condivide i valori base dello sport. Allegri la rappresenta a pennello.
Simone Inzaghi è un allenatore straordinario, vincente, preparato, competente, con una grandissima carriera davanti. L’Inter quest’anno è in finale di Champions solo ed esclusivamente grazie a lui, ed è lì solo ed esclusivamente perchè Inzaghi ha trasmesso al gruppo una mentalità vincente sin dallo scorso anno, quando in Champions ha sfiorato l’impresa ad Anfield agli Ottavi vincendo in trasferta della squadra Campione in carica mentre i sapientoni osservatori del calcio gli “consigliavano” di non giocarsela per non “sprecare” risorse utili in campionato. E invece Simone ha sempre giocato per vincere su tutti i fronti, e proprio per questo è un grandissimo allenatore come pochi in circolazione. Ovviamente questo gli è sicuramente costato qualche punto in campionato sia l’anno scorso (determinante per lo scudetto) sia quest’anno, perchè non ha un organico tale da poter vincere ovunque, ma ha comunque collezionato 4 trofei in due anni, due supercoppa e due coppa italia consecutive è un record assoluto storico nazionale, ed è arrivato in finale di Champions, circostanza rarissima per l’Inter in 115 anni di storia, per giunta con una squadra che gioca uno splendido calcio e fa divertire. Eppure lo hanno massacrato, ridicolizzato, contestato. Poveri ignoranti.
Anche Pioli è un ottimo allenatore: sa gestire i momenti difficili, tiene in pugno il gruppo e con Inzaghi entrambi hanno dimostrato che se alleni una big non puoi rinunciare a competere in Champions anche se parti sfavorito. Se te la giochi puoi arrivare in fondo. Lo hanno fatto entrambi.
Conte, al contrario, è un allenatore a cui piace vincere facile e si perde nelle difficoltà. Ha fallito anche al Tottenham e lo ricorderemo sempre per aver portato l’Italia al peggiore risultato degli ultimi 21 anni in un Europeo.
Mourinho è un grandissimo allenatore ma soprattutto una persona meravigliosa.
Sarri è un altro grande allenatore, un valore aggiunto in qualsiasi squadra abbia mai allenato (esclusa la Juve dove ha fatto un unico grande errore originario: andarci).
Dzeko è un calciatore fantastico, straordinario, eccelso, gigante. Chi lo paragona a Giroud non dovrebbe commentare neanche un torneo della parrocchia.
Il Milan l’estate scorsa una cosa doveva fare, doveva prendere una prima punta, in serie A c’erano Zapata, Simeone e Raspadori prontissimi, li ha lasciati sfuggire tutti ed ecco le difficoltà di questa stagione.
La Conference League è un torneo ridicolo, la Serie C dell’Europa, e la Roma rimarrà per sempre il più autorevole e importante club di un Albo d’Oro svilente. Oggi più che ieri si comprende il provincialismo di quegli esagerati festeggiamenti di un anno fa, quei “Campioni” di non si sa cosa. Vincere l’Europa League sarebbe stato molto diverso ma se hai quell’organico e tra i rigoristi devi mandare Mancini capisci che è già un miracolo essere arrivati in finale.
La Reggina quest’anno in serie B aveva un organico da salvezza, da metà classifica, con l’handicap di una preparazione saltata e una squadra costruita a stagione già iniziata dopo il delicato passaggio di proprietà. A settembre tutti a Reggio avevano la consapevolezza che salvarsi sarebbe stato difficile. E invece Pippo Inzaghi ha fatto un doppio miracolo: girone d’andata strepitoso chiuso al 2° posto ben oltre i reali valori di una squadra con limiti enormi in tutti i reparti ma soprattutto senza un portiere all’altezza e senza un attaccante che sappia fare gol; poi a Gennaio il mercato bloccato e i problemi con la FIGC per il conflitto di leggi federali e ordinarie, e nonostante questo grande caos e il solito malato chiacchiericcio della città, il mister è riuscito a centrare non solo la salvezza ma persino i playoff nonostante la penalizzazione mettendo dietro in classifica almeno 7-8 squadre molto più attrezzate e titolate. Un vero e proprio miracolo calcistico: non è bravo come il fratello (in campo era il contrario), ma chi lo ha messo in discussione dopo essersi illuso di avere uno squadrone solo per l’ubriacatura dei risultati autunnali era fuori dalla realtà delle cose. Il migliore della squadra è stato Fabbian, alla prima carriera tra i professionisti, arrivato in prestito dall’Inter su consiglio proprio di Simone Inzaghi, lanciato da Pippo subito titolare a soli 19 anni e grande protagonista (8 gol, miglior marcatore). Il secondo migliore è stato Canotto, che a 29 anni per la prima volta nella sua carriera ha disputato i playoff, nelle precedenti (poche) esperienze in serie B non aveva mai giocato in squadre di vertice. Con buona parte degli altri (Cionek, Di Chiara, Liotti, Loiacono, Crisetig, Menez, Rivas) la squadra stava retrocedendo in serie C sia uno che due anni fa prima che arrivassero Baroni e Stellone a metterci una pezza (aggrappati entrambi a Folorunsho). L’errore più grande e inspiegabile? Mandare via Montalto, come Corazza tre anni fa. Entrambi volevano rimanere. Entrambi sarebbero stati fondamentali. E anche questo – come tutto ciò che abbiamo scritto in questa pagina – non lo diciamo con il conforto del senno di poi.