“Scudetto ’97-’98? Non è normale. Guidolin pessimo. Vi racconto il carcere”: l’ex Inter Zé Elias a 360°

Zé Elias, ex calciatore di Inter, Bologna e Genoa, si è raccontato in un'intervista: da Gigi Simoni all'esperienza in carcere fino alla nuova vita

CalcioWeb

Intervistato da ‘Il Posticipo’, Zé Elias, ex calciatore brasiliano di Inter, Bologna e Genoa, ha ripercorso la sua carriera, non lesinando accuse e frecciatine. A cominciare dalla stagione 1997-98 e dal famosissimo contatto tra Ronaldo e Iuliano: “Ai giocatori della Juve va riconosciuto il fatto di aver vinto alcune partite con merito. Non ti danno il rigore per intervento su Ronaldo, l’azione continua, nell’altra area capita qualcosa di simile e ti fischiano il penalty contro: sai, sono cose difficili da accettare ed è difficile dire che sono cose che capitano. Gli episodi a favore della Juve contro Empoli e Udinese non sono state cose normali. Anni dopo si è scoperto che cosa accadeva. Nel 1997-98 l’Inter avrebbe meritato sicuramente di più”.

L’esperienza in nerazzurro: “Non è un rimpianto, per me è stato un onore giocare nell’Inter. È stata colpa mia per come sono andate le cose. Avrei dovuto fare di più quando ho avuto le mie opportunità soprattutto il secondo anno. Purtroppo non ci sono riuscito: i problemi fisici non mi hanno permesso di esprimermi al massimo. Ero teso e per questo motivo soffrivo spesso di stiramenti muscolari. Se il secondo anno avessi fatto le stesse cose di quello precedente sicuramente sarei rimasto. È stata colpa mia”.

Un ricordo di Gigi Simoni, scomparso qualche giorno fa: “Un rapporto bellissimo. A volte penso che Simoni non abbia fatto parte di questo mondo perché era una persona troppo buona, gentile e umile. Aveva sempre la parola giusta, sapeva dirti quello che ti serviva in quel momento. Mi ha fatto crescere come giocatore e come uomo. Si fermava sempre a parlare con noi dopo pranzo e cena, era una persona fantastica e molto onesta. Ci spiegava le ragioni delle sue scelte prima di ogni partita. Si comportava allo stesso modo con tutti, da Ronaldo a me fino a tutti gli altri. I miei due anni all’Inter sono stati bellissimi”.

Qualche aneddoto sui compagni: “C’erano tantissimi matti. Moriero scherzava tanto come Gigi Sartor, Ronaldo prendeva in giro tutti. Il più matto però era Taribo West perché non sapevi mai che cosa sarebbe uscito dalla sua testa. Era molto religioso, indossava sempre vestiti africani. Una volta Ronaldo gli ha fatto due tunnel di fila in allenamento e Simoni per scherzo ha fatto finire l’allenamento, ha detto di andare sotto la doccia perché era tutto finito. Ronaldo ha fatto due gesti bellissimi, tutti noi eravamo finiti per terra dal ridere dopo averli visti: anche Taribo lo aveva fatto insieme a noi”.

A Bologna: “Mi sono trovato benissimo, ho stretto rapporti fantastici. Non mi è piaciuto solo come sono stato trattato da Guidolin. Alla vigilia della sfida con la Juve avevo avuto una colica renale: ero finito all’ospedale, uscito da lì avevo viaggiato con la squadra. Il mister mi aveva chiesto se volessi giocare, io gli risposi di sì anche se stavo male perché avevo preso tanti medicinali per il problema ai reni. Ho giocato, ma ero un fantasma e sono uscito dal campo. Poi c’è stato il ‘derby del latte’ contro il Parma: prima della partita Guidolin aveva detto davanti ai miei compagni che ero un grandissimo calciatore e mi aveva ripetuto di stare tranquillo perché con lui avrei giocato sempre tranne quel giorno in cui sarei rimasto in panchina. Dopo quella frase non ho più giocato. Guidolin sarebbe dovuto venire da me per dirmi che non voleva più contare su di me, si è comportato malissimo. Un’altra volta in una partita a Bologna era il 43′ della ripresa, mi disse di alzarmi dalla panchina per entrare in campo: dal 43′ fino al 45′ il pallone non è più uscito. Quando è andato fuori, Guidolin mi ha richiamato e ha mandato in campo Pierre Wome al mio posto. Guidolin non mi ha detto le cose in faccia: questa cosa mi ha fatto male”.

Poi un ricordo della parentesi al Bayer Leverkusen: “È stata bellissima, una delle più importanti della mia vita. Quando mi sono trasferito lì è cambiato tutto per me. In Brasile non potevo uscire per strada perché ero giovane, giocavo per una squadra che aveva tantissimi tifosi e c’era grande rivalità con quelli delle altre squadre: non sapevi mai se sarebbero venuti a chiederti l’autografo oppure a darti un pugno o peggio ancora a sputarti addosso. In Germania ho fatto una vita normale: il calciatore fa il calciatore, non è diverso dalle altre persone”.

Zé Elias è finito anche in prigione, esperienza descritta in un libro: “Non ha cambiato niente: sono la stessa persona che ci è entrata. Non ho commesso nessun crimine. In Brasile c’è una legge che prevede il carcere se non paghi gli alimenti per 3 mesi. Quando mi sono separato io prendevo lo stipendio da calciatore. Dopo il mio ritiro, è iniziato il processo per stabilire la nuova cifra che dovevo corrispondere: è durato sette anni. Il volume dei soldi è cresciuto sempre di più, io ho detto chiaramente che non potevo pagare quei soldi perché non ero più calciatore. Così mi hanno portato in carcere e ci sono rimasto per 30 giorni”.

E sul futuro: “Ho detto a mia moglie che non volevo allenare perché non avevo voglia di continuare a viaggiare. Mi piaceva l’idea di fare il commentatore perché finito il post-partita puoi tornare a casa, vedere i figli e goderti la famiglia. Mi sono preparato, ho guardato molte trasmissioni e ho ascoltato tanta radio. Ho iniziato a lavorare come commentatore a Radio Globo a San Paolo, nel 2014 sono andato ad Espn. Ho raccontato il Mondiale di Brasile in televisione e dopo ci sono rimasto”.

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