Si gioca, non si gioca, si gioca, non si gioca. Sembra si debba sfogliare la famosa margherita in questi giorni per decidere cosa fare con i campionati di calcio italiani a causa dell’emergenza Coronavirus. Qualche società non vorrebbe riprendere la stagione, molte altre vorrebbero farlo ma solo in condizioni di assoluta sicurezza (e come dare torto a queste ultime?). Chi decide si è più volte espresso chiaramente: la volontà è quella di chiudere i tornei. Ma non è semplice. Ci sono le coppe europee, c’è una nuova stagione da programmare. E allora sul tavolo ci sono diverse soluzioni.
La proposta di Gravina: giocare al Centro-Sud
Galeotte furono le parole di Gravina. Il presidente della FIGC, negli scorsi giorni, è tornato a parlare delle ipotesi sul tavolo per la ripartenza in un’intervista a ‘Repubblica’: “Non c’è una deadline per ripartire. Se ci faranno giocare a inizio giugno, abbiamo le date utili per terminare a fine luglio. Se invece dovremo ripartire a settembre, chiuderemo questo campionato a novembre. Per ritornare in campo a gennaio. Se il prossimo campionato cambierà formula? Valutiamo tutte le ipotesi. Una è organizzare le competizioni su anno solare, ma ripeto, serve il coordinamento con tutte le federazioni europee. Altrimenti, dovremo chiudere la stagione a maggio prima dell’Europeo. Il campionato 2021 si potrebbe disputare in cinque mesi. Ci sono delle idee sul tavolo, ad esempio una formula con due o più gironi e poi play-off e play-out. Misure eccezionali, per una sola stagione. Un campionato senza partite al Nord è una possibilità, ma non in una sola città. Non si possono giocare 10 partite sullo stesso campo in un week-end, servirebbero 20 centri d’allenamento”. La volontà di portare a termine la stagione è chiara ed è stata ribadita a più riprese. Resta da capire come questo slittamento possa influenzare il prossimo campionato di Serie A. Galeotte le parole di Gravina dicevamo. Sì perché CalcioWeb si è divertito ad ipotizzare un torneo diviso in due gironi: Nord e Sud. Una formula che non si vede dal 1948.
Milan, Inter e Atalanta contrarie: i motivi
C’è anche l’ipotesi che in alcuni stadi, ubicati nelle zone più colpite dal Coronavirus, non si giochi più in questa stagione. Le gare si disputerebbero dove la pandemia ha attecchito meno e si correrebbero meno rischi di contagio. Un’ipotesi che penalizzerebbe le squadre del Nord, costrette a giocare a porte chiuse in stadi diversi da quelli di proprietà. Inter, Milan e Atalanta, secondo quanto riportato da ‘La Gazzetta dello Sport’, sarebbero contrarie a questo scenario. Subentrerebbero difficoltà a livello organizzativo e un sostanziale aumento dei costi. Tutto, però, potrebbe cambiare qualora arrivasse – dal Governo o dalla Regione – il divieto di giocare nelle zone maggiormente a rischio. In tal caso i club coinvolti sarebbero costretti a prendere atto dell’idea di spostarsi altrove e dovrebbero indicare un’altra sede in cui giocare le gare casalinghe. Quali sarebbero, in tal caso, gli stadi pronti ad ospitare la Serie A? Ecco l’intento di questo articolo, andare a spiegare il regolamento sulle strutture adatte ad una gara del massimo campionato e vedere nel dettaglio gli impianti “pronti” in caso di emergenza.
Stadi da Serie A: i requisiti e il regolamento vigente
Veniamo alle questioni burocratiche. Da regolamento di Lega Serie A e FIGC sono omologati per la Serie A stadi con almeno 16 mila posti. C’è una norma che consente l’utilizzo di stadi con capienza minima 10 mila spettatori a condizione che si tratti di strutture costruite nel territorio di comuni aventi una popolazione inferiore a 100 mila abitanti e che la competizione riguardi una squadra promossa per la prima volta negli ultimi 20 anni. Ma si gioca a porte chiuse diranno in tanti. E’ vero ma servono una serie di luoghi e strutture per garantire lo svolgimento della regolare attività in totale sicurezza. Dobbiamo considerare che, qualora si riprendesse a giocare, servirebbero luoghi per il controllo di calciatori e staff, oltre che spogliatoi di una certa capienza sia per le squadre che per gli arbitri, servizi igienici, stanza adibite ai controlli antidoping, ecc. Non tutti gli stadi potrebbero vantare una tale efficienza. Ecco perché ci sarebbero delle limitazioni ad alcuni impianti del Centro-Sud che pure avrebbero il requisito della capienza. Una regola facilmente “aggirabile” con una norma che consenta di giocare anche in stadi più piccoli, vista l’assenza di pubblico. Norma che attualmente non esiste ma che, in totale emergenza, potrebbe essere necessaria.
Alcuni stadi potrebbero ospitare più partite
Una parziale soluzione alla mancanza di stadi adeguati potrebbe derivare dal possibile stop definitivo delle categorie inferiori. Infatti, l’ultima ipotesi, nata dalla riunione federale, è quella di riaprire a scaglioni il calcio italiano: prima la Serie A, poi la B, poi la C e via a seguire. Viste le difficoltà per ripartire con il massimo campionato sembra impossibile riprendere in Serie D. Situazione molto difficile in Serie C, dove abbiamo diversi impianti molto piccoli, che potrebbero non garantire la sicurezza e la salute degli addetti ai lavori. Anche la ripresa della Serie B è a rischio, almeno per il momento. Ecco perché, oltre ai canonici stadi delle squadre del Centro-Sud Italia attualmente in Serie A (Roma e Lazio, Cagliari, Lecce, Napoli), se ne potrebbero aggiungere altri (Benevento, Palermo, Salerno, Bari tra le altre). Nella circostanza in cui non si riprendesse a giocare nelle categorie inferiori, molti stadi di B e C e qualcuno anche di D potrebbero tornare utili alla Serie A, ospitando anche più partite. Ipotesi, allo stato attuale delle cose, campate in aria, ma se la proposta di Gravina si rivelasse azzeccata è uno scenario da non escludere, sempre premesso che per alcuni impianti servirebbe una deroga.
Quali stadi del Centro-Sud potrebbero ospitare le gare di Serie A?
Veniamo al punto. Quali sono gli stadi del Centro-Sud che potrebbero ospitare le gare di Serie A? Di impianti omologati dal punto di vista dei posti a sedere ce ne sono diversi. Ma siamo sicuri che tutti possano garantire la sicurezza degli atleti e degli addetti ai lavori? Non possiamo saperlo. Poi ritorna la questione di un’eventuale norma che possa ampliare la gamma degli impianti tra cui scegliere. Sicuramente rispettano le normative il ‘San Paolo’ di Napoli, la ‘Sardegna Arena’ di Cagliari, il ‘Via del Mare’ di Lecce e lo stadio ‘Olimpico’ di Roma, che già ospitano le partite interne delle rispettive squadre. A questo potrebbero aggiungersi gli stadi di Benevento, Salerno, Bari e tanti altri. Sfoglia la FOTOGALLERY in alto per scoprire stadi, città e capienze.