C’è ancora incertezza sul fronte Coronavirus. Il lockdown potrebbe essere prolungato fino al 3 maggio. E il calcio è bloccato. A lanciare una nuova proposta per la ripresa dei campionati è stato Adriano Galliani. Intervistato da ‘La Gazzetta dello Sport’, l’amministratore delegato del Monza ha detto: “Come si esce da questa crisi del pallone? Come si farà per l’economia. Servirà uno sforzo collettivo, dalla Fifa alla Uefa, alle federazioni nazionali. Senza un accordo globale non se ne esce. I litigi non servono. Si giocherà quando il governo, ascoltando la comunità scientifica, stabilirà che è possibile. Ma ha ragione il presidente della Uefa Ceferin, tutti i campionati devono concludersi. Lancio una proposta: il tempo c’è, si faccia per due anni come in Sudamerica, campionati nell’anno solare. Il campionato 2020-21 cominci nel febbraio 2021, stessa cosa per il 2022. Poi magari si tornerà all’antico, ma io sono certo che dopo un paio d’anni ci convinceremo che è una buona soluzione. In estate, a luglio o agosto, giocando di sera, sarà bello vedere il calcio, più che in altri mesi. Penso a certe serate di coppa Italia in gennaio, soprattutto al nord. Credo che alla fine potremmo avere più pubblico. La Fifa ha già spostato le date del Mondiale 2022 a fine anno, si faccia lo stesso con l’Europeo e la coppa America nel 2021. Sarebbe comodo, ma si può anche lasciare Euro 2021 lì dov’è, in estate, interrompendo i campionati. Ma bisogna tornare a giocare, per regolarità sportiva e perché altrimenti il calcio esplode”.
Dibattito sempre acceso tra chi vuole tornare a giocare e chi, invece, vuole annullare la stagione: “Non si può non tornare a giocare, ma bisogna farlo in condizioni di sicurezza. Non capisco questa insistenza per andare in campo presto e ricominciare a settembre, quando magari ci sarà ancora la pandemia, qui o altrove. In questo momento non si può sapere. Il governo, sentendo la comunità scientifica, detterà i tempi, e i campionati possono finire ovunque in momenti diversi. La Germania magari comincerà prima, l’Italia è avanti rispetto all’Inghilterra con il picco del virus. Non dobbiamo finire tutti allo stesso momento. I campionati devono concludersi sul campo perché è la legge dello sport e perché il sistema va salvato. Senza tornare a giocare, la Serie A perderebbe una cifra intorno ai 600 milioni, senza calcolare la quota che arriverebbe dai 400 milioni in ballo per le squadre in corsa nelle coppe europee. Una piccola parte andrebbe ai club italiani. Se non finisce il campionato il calcio esplode. E parlo dei massimi sistemi, ripeto. Sui campionati di B e C c’è altro da dire. Meglio giocare a porte chiuse che non giocare affatto“.
Sul taglio degli stipendi: “Non si possono stabilire percentuali valide per tutti, la maggior parte dei giocatori di C guadagna 26 mila euro lordi, il più pagato della A duemila volte tanto. Quindi, bisogna ragionare su cifre diverse. Un club non può tagliare più di quello che ha perso, ma neanche di meno. Se ho perso il tre per cento ti tolgo il tre per cento, se ho perso il 14 ti tolgo il 14, se non ho perso non ti tolgo niente: i giocatori devono capirlo. Sto parlando del calcio di vertice, ripeto: tornando in campo i club non perderebbero moltissimo. Il botteghino vale il dieci per cento dei ricavi. Tornando a giocare le società manterrebbero le entrate dagli sponsor e dalle tv. Ma non capisco questa fretta di rientrare in campo per ripartire a settembre. Ci stiamo confrontando con una pandemia. Finché non ci sarà un vaccino, non credo si potrà giocare davanti a un pubblico. Ma si potrà andare avanti anche fino all’autunno a porte chiuse, e poi magari in febbraio ricominciare con i tifosi, perché un vaccino ci sarà. Speriamo”.