Una drammatica esperienza quella vissuta da Pepe Reina col Coronavirus. Il portiere spagnolo, oggi in prestito all’Aston Villa, ha raccontato quei giorni in un’intervista al ‘Corriere dello Sport’: “La compagnia non mi manca in casa, siamo io, mia moglie Yolanda, cinque figli e i due suoceri. La casa è grande e la solitudine non vi ha accesso. Però isolato lo sono stato dopo aver accusato i primi sintomi del virus. Febbre, tosse secca, un mal di testa che non mi abbandonava mai, quel senso di spossatezza. L’unico spavento quando per venticinque minuti mi è mancato l’ossigeno, come se la gola si fosse improvvisamente ristretta e l’aria non riuscisse a passare. I primi sei, otto giorni li ho trascorsi chiuso in una stanza”.
Reina ha poi raccontato del primo addio al Napoli: “Avrebbero dovuto riscattarmi dal Liverpool, non si trovarono i numeri e quindi dovetti cercare un’altra squadra. Fu il presidente a riprendermi. Che squadra quella di Sarri! Lo spirito con cui ci allenavamo e giocavamo, e la qualità del gioco di quel Napoli. Non vedremo mai più una squadra muoversi in quel modo. Sarri riuscì a portarci al di sopra di limiti e potenzialità. In quegli anni avete visto il miglior Koulibaly, il miglior Mertens, un Allan strepitoso, Albiol una guida formidabile, il contributo prezioso di Callejòn e Insigne. A un certo punto della seconda stagione sembrava che giocassimo a memoria. Non c’erano primedonne, ma grande disponibilità, e umiltà, il nostro leader era il gioco che ci aveva insegnato lui”.