Sandro Tovalieri vanta una carriera calcistica di tutto rispetto. 144 goal in 451 presenze tra i professionisti. Queste cifre bastano e avanzano per giustificare il soprannome assegnatogli: Il Cobra. E come un serpente ha fatto diverse mute, di pelli ne ha cambiate parecchie, ma le avventure più belle il centravanti di Pomezia le ha vissute con le casacche a tinte bianco-rosse, ovvero quella del Bari e quella del Perugia. Un attaccante che ha fatto impazzire di gioia città come Pescara, Arezzo, Avellino, Ancona, Bari, Bergamo, Reggio Emilia, Cagliari, Genova, Perugia e Terni. Cresciuto nella Roma, Tovalieri non è riuscito ad affermarsi nella squadra capitolina. A Bari è, con Igor Protti, l’idolo senza tempo dei tifosi dei “Galletti”.
Gioie e dolori nella vita di Sandro Tovalieri. Il tutto è racchiuso nel suo libro: “Cobra, vita di un centravanti”. Un mix di calcio e amore, di valori e sentimenti, scritta con Susanna Marcellino e con l’introduzione di Bruno Conti, storica bandiera della Roma, che descrive Tovalieri come “intelligente in area di rigore, furbo nel girarsi al volo e trovare lo specchio della porta, bravo nel calciare, esuberante, anche incazzoso se i compagni non gli passano la palla. Era lì sempre in agguato. Doti che hanno solo i bomber di razza. E il Cobra, lo era”.
Anche dolori indelebili si diceva, come quello per la scomparsa prematura della moglie Laura: “Quel giorno mi sentivo perduto, confuso. Era il 31 luglio 2007, una calda mattina d’estate, quando la donna che avevo scelto come compagna, amante, sposa, confidente, mamma dei miei figli, mi lasciò solo. Aveva 41 anni e tutta una vita davanti. Tre anni di lotte, che all’inizio sembrava facile vincere, per poi piano piano, giorno dopo giorno, accorgersi che alcune battaglie potevamo vincerle ma la guerra ci avrebbe purtroppo sconfitto”.
Ma torniamo alle note liete e divertenti. Il rapper campano Ghemon gli ha dedicato una canzone intitolata, ovviamente, Cobra. Il primo gol segnato in serie A è con la maglia della Roma contro il Napoli di Maradona e Diego gli regalò la maglia. Un onore ma quella divisa non farà mai ingresso in casa Tovaliere, come spiega Sandro nel libro: “Non entrò nemmeno in casa, quel cimelio: avevo saputo che vicino a casa mia c’era un bambino tifoso degli azzurri che non stava bene e gliela portai subito in regalo”.
Nel libro si racconta anche dell’incredibile Scudetto buttato dai giallorossi contro il Lecce già retrocesso, una sconfitta storica: “Ad oggi l’unica perplessità fu la furia agonistica dei nostri avversari”. Ma l’aneddoto più divertente è quello di un siparietto con Carletto Mazzone che in un Parma-Cagliari lo lasciò in panchina. Gli emiliani andarono sul 3-0 e allora Mazzone buttò dentro il Cobra. Avvelenato, come sempre, morse gli avversari e segnò due gol. Non contento sfiorò anche il pareggio. A fine partita Carletto andò sotto la curva dei tifosi sardi gridando: “Non capisco un cazzo come allenatore”. Quindi corse da Tovalieri e ripeté il concetto, in dialetto romanesco: “Ah Cobra, c’hai n’allenatore che nun capisce ‘n cazzo”.