Ricorrono 30 anni dalla morte, a Belo Horizonte, di Dorival Knipel, detto ‘Homao’, l’omone, per l’imponenza del suo fisico ma passato alla storia come ‘Yustrich’ per la somiglianza con Juan Elias Yustrich, storico portiere argentino del Boca Juniors. Anche lo ‘Yustrich’ brasiliano fu portiere e vinse 4 campionati Carioca tra il 1939 e il 1944 con il suo Flamengo ma la sua grande affermazione fu da allenatore. Dorival Knipel nacque a Corumbà nel 1917 da genitori tedeschi. Dalla cittadina del Mato Grosso do Sul la famiglia si trasferì a Rio. A sette anni il piccolo Dorival rimase orfano e toccò agli zii educarlo. Non iniziò a giocare in porta: partì come centrocampista e poi divenne portiere a 15 anni all’Anadarahy e quando tornò al Flamengo, dove aveva fatto le giovanili, mantenne quella posizione vincendo i suoi primi trofei.
Yustrich’, oltre che per i successi, viene ricordato soprattutto per il carattere militaresco anche da allenatore. Era un sergente di ferro. I giri di campo come punizione erano all’ordine del giorno e la sua filosofia era incentrata sull’esistenza di tre modi per risolvere le cose: “Con la forza, con le urla o con la forza e le urla“. Esplicativa la sua massima: “Un giocatore deve comportarsi da uomo”. La disciplina militare imposta alle sue squadre derivava anche e soprattutto dal suo passato da professore di educazione fisica prima e ufficiale di polizia poi. La sua etica del lavoro si basava su due principi fondamentali: rigida disciplina e una preparazione fisica maniacale. ‘Yustrich’ non accettava che i suoi giocatori fumassero, portassero i capelli lunghi, vestissero con abiti stravaganti, e aveva abolito qualunque forma di esibizionismo e odiava le assenze o i ritardi negli allenamenti. Un carattere impossibile a causa del quale si scontrò violentemente con alcuni calciatori e con Lucas Miranda, ai tempi dell’Atletico Mineiro, arrivò alle mani. Cambiò squadra e continente. Arrivo’ in Portogallo e con il Porto, nella stagione 1955-56, vinse campionato e coppa nazionale. Ancora una volta furono i contrasti con lo spogliatoio a minare la sua permanenza lusitana.
Tornò in Brasile per guidare il Vasco Da Gama, poi il Bangu e il Siderurgica di Sabarà con cui vinse il Mineiro nel 1964, rompendo l’egemonia del Cruzeiro e dell’Atletico, squadra che riprese nel 1968 e che in blocco convocò in nazionale per l’unica partita che la Confederacao Brasileira de Desportos gli permise di disputare alla guida della Selecao. Prima e ultima partita con i verdeoro che guidò alla vittoria per 3-2 contro la Jugoslavia. Dopo di lui sulla panchina più importante del Brasile si sedette Joao Saldanha, attaccandolo per lo striminzito 1-0 con cui il Brasile batté il Paraguay. Saldanha, comunista fumantino che perse il posto proprio perchè contrario alla dittatura, si presentò nell’hotel dove alloggiava ‘Yustrich’ brandendo una pistola. Il sergente di ferro era stato avvisato in precedenza e riuscì a fuggire.
Quando nel 1982 guidò la sua ultima squadra, il Cruzeiro, dopo quasi 40 anni di carriera, era grasso e quasi non si reggeva in piedi e aveva soltanto 64 anni. Quando la stampa lo criticò per la sua incoerenza rispose: “Cosa c’è che non va nella mia pancia? Sono qui per pensare, non per correre”. Condusse brevemente un programma radiofonico; quando dovette sottoporsi a un intervento di bypass aorto-coronarico, si ritirò a vita privata, gestendo un parcheggio. Morì nel più completo anonimato 8 anni più tardi. Nella sua lunga carriera ha vinto 7 titoli in tutto il mondo e 1 premio come miglior tecnico del Brasile nel 1970.