Sebino Nela: “Il tumore? Attacchi ischemici e pianti”. Poi lancia frecciate a Falcao, Voeller e Boskov

L'ex calciatore della Roma Sebino Nela si racconta in una lunghissima intervista: parla del tumore e del rapporto con alcuni ex compagni

CalcioWeb

Un uomo tutto d’un pezzo. Sincero, senza fronzoli. Sebino Nela si racconta a cuore aperto, lo fa in una lunghissima intervista al Corriere dello Sport. Parla del tumore, delle difficoltà nell’affrontarlo ma anche del passato da calciatore e dei rapporti extra campo con vecchi compagni.

Come sto? Per quello che ho passato, diciamo bene. Devo fare un’altra operazione a breve, la quarta. Non ce la faccio più… L’umore va e viene, sentire ogni volta di persone che conosco che se ne vanno da un giorno all’altra mi spegne un poco. La cosa brutta di questo male è che gioisci, dici ‘ho vinto’, e poi scopri che a distanza di sei, sette, otto anni ritorna. Il cancro quando arriva non ti lascia più. Torna come realtà o come minaccia. Sta sempre lì. Non so quante volte mi sono ritrovato di notte a piangere nel letto. E sai che ti dico, se domani dovesse succedere, ‘sticazzi’…”

Compagno del cuore nel calcio? Nessuno, solo frequentazioni superficiali. Per molti anni ho dormito in camera da solo. Con Rudi Voeller sembrava una cosa importante, poi mi ha deluso e ho voluto interrompere il rapporto. Perché? Fui chiamato da un calciatore della Roma per convincerlo ad accettare la panchina giallorossa. C’era da superare la resistenza della moglie. Normale a quel punto aspettarmi d’essere coinvolto, ma non mi ha nemmeno cercato. Sono rimasto amareggiato. Pruzzo? E’ veramente un orso, tanti anni a Roma non lo hanno modificato. Falcao? Faceva vita a sé, Liedholm gli permetteva tutto. A Roma c’è un’ammirazione per lui, per questo quel rigore contro il Liverpool doveva tirarlo. Non esiste che non tiri il rigore in una finale di Coppa Campioni davanti ai tuoi tifosi. Pure zoppo, ma lo tiri. E lui zoppo non era. Ha sbagliato, mi dispiace. Un allenatore sopravvalutato? Per l’esperienza che ho avuto, Vujadin Boskov. Da lui non ho imparato niente. Né a livello tattico, né gestionale”.

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