Nuno Ricardo de Olivera Ribeiro, meglio noto come Maniche, nasce a Lisbona l’11 novembre del 1977. Cresce in una famiglia di calciatori. In particolare, il fratello è difensore di buon livello. Il soprannome di Maniche viene dalla somiglianza con un ex calciatore danese del Benfica, Michael Manniche, che il nostro protagonista del giorno ricordava sia per ruolo, visto che all’inizio della carriera giocava da ala, sia per aspetto fisico. Maniche passa dopo tre stagioni con la maglia delle Aquile agli acerrimi rivali del Porto. Con la maglia dei Dragoes vince tutto in tre stagioni ed è tra i protagonisti della storica cavalcata in Champions League nel 2003-2004. Sotto la guida sapiente di José Mourinho fa vedere le migliori cose della sua carriera, diventando anche miglior giocatore della Coppa Intercontinentale.
Passa alla Dinamo Mosca, poi segue Mourinho al Chelsea. Si trasferisce all’Atletico Madrid, ma dopo due stagioni arriva in Italia, all’Inter. Precederà l’arrivo del suo mentore di 6 mesi. Sei mesi non entusiasmanti, tant’è che l’Inter non lo riscatta. Inizia la fase calante della carriera del centrocampista portoghese. Colonia e Sporting Lisbona sono le ultime due magli vestite. Dopo il ritiro ha intrapreso la carriera di allenatore, assistendo Costinha sulla panchina del Pacos Ferreira. E’ ambasciatore dell’Europeo 2020 e si è dedicato anche alla scrittura. “Maniche 18 – Las historias (todavía) no contadas”, ovvero “Maniche 18 – Le storie (non ancora) raccontate”, un’autobiografia scritta con l’amico Tiago Guadalupe, con la prefazione di José Mourinho, la postfazione di Gianni Infantino e la partecipazione e i contributi inediti di amici e calciatori tra i quali Ibrahimovic, Casillas e Javier Zanetti.