“I soldi vanno all’estero” e il calcio italiano dritto contro un muro: ma nessuno si vergogna

I soldi del calcio vanno all'estero. Il calcio italiano va dritto contro un muro. Nessuno si vergogna, soprattutto Gravina

CalcioWeb

Teneteli bene a mente questi tempi, perché nel fluire delle cose, nella corsa di un treno, c’è un momento preciso che cambia il flusso, il divenire, per sempre. C’è un momento preciso nel quale il convoglio prende uno scambio e muta inesorabilmente direzione.

Sul momento se ne accorgono in pochi, è appena un sussulto, poi la via sembra discostarsi solo in parte dal passato ma, man mano che il tempo passa, i due binari si divaricano sempre più fino a diventare lontanissimi, mai più sinergici e neppure vicini l’uno con l’altro.

Questa che vi raccontiamo oggi è la storia di una gigantesca supercazzola che si sta consumando ai danni del calcio italiano e che in tantissimi fanno finta di non vedere.

Eppure qualcuno deve pur dirlo e allora lo facciamo noi.

Avvertenza: badate bene, perché cose che paiono slegate tra di loro, in realtà sono solo matrioske da declinare secondo gli inconfessabili interessi di pochi (club o persone che siano).

Partiamo, come sempre, dall’ineffabile Gravina che si permette l’ennesimo lusso (stavolta attraverso le colonne del Corriere dello Sport). A margine delle sue esternazioni caratterizzate dal consueto atteggiamento da Marchese del Grillo (io so io e voi nun siete…) un paio di passaggi, a ben volerli leggere, gettano la maschera, qualora ce ne fosse bisogno.

Come più volte sottolineato proprio da queste colonne, Gravina non ha alcuna intenzione di mollare poltrona e potere (d’altra parte va capito, cosa farebbe dopo?) e per tenersi stretta la suddetta poltrona non esita a stringere patti con chiunque (leggi grossi club).

E veniamo agli scenari che paiono lontanissimi.

Ma secondo voi l’Uefa (della quale Gravina è autorevolissimo componente perché ha portato in sacrificio il movimento calcistico italiano) perché ha osteggiato così fortemente l’ipotesi Superlega? Per ragioni etiche? Per tutelare la base? Ma quando mai… il fatto è che l’Uefa la Superlega la vuole fare da sé.

Attenzione, però, perché il ragionamento è sottile: l’Uefa vuole arrivare al risultato senza strappi, creando (e esattamente questo sta facendo) le condizioni generali per un impoverimento dei campionati domestici, il che è molto peggio rispetto all’ipotesi Superlega.

I fatti sono sotto gli occhi di tutti: in Francia la vendita dei diritti ha già conosciuto esiti disastrosi, la Spagna ragiona su una base di 55% in meno di introiti, in Italia la serie A ha quasi regalato per i prossimi 5 anni ed è di tutta evidenza come Sky abbia ormai abbandonato il calcio italiano spostando quasi tutto il budget sulle competizioni europee… Uefa, guarda caso…

Il gioco ormai è chiaro: il Presidente della Figc, nonché Vicepresidente Uefa ha quasi regalato il calcio italiano, inteso come movimento che va da Trapani a Bolzano e non solo come vetrina delle solite note “strisciate” che potranno anche autonomamente determinarsi a fare la Superlega (se i regolamenti lo consentono), ma non con il placet carbonaro di Uefa e Figc che, contemporaneamente, dovrebbero, invece, tutelare il movimento dal basso, la base.

Ma di quella base non frega niente a nessuno, come dimostrato più volte dagli scandali uno dietro l’altro che stanno colpendo le nostre serie minori, dei quali più volte abbiamo parlato su queste colonne.

Ma, ovviamente, che rumore volete che facciano 6 squadre penalizzate prima ancora di cominciare o la vergogna assoluta del caso-Taranto (che trattiamo approfonditamente in altra parte del giornale) per la quale i vertici del calcio e dello sport italiano dovrebbero solo nascondersi a vita?

Il Corsport domanda a Gravina: “Ma c’era davvero bisogno del Mondiale per club?” e l’eccellentissimo Presidente risponde, producendosi in una supercazzola da medaglia d’oro: “In economia si parla di legge dell’utilità marginale decrescente: se metti troppo prodotto sul mercato perdi di interesse e così il calcio è inflazionato e le risorse dei diritti tv si spostano verso le competizioni internazionali a scapito di quelle nazionali“.

Qui al giornalista sarà venuto il dubbio di aver sbagliato interlocutore: non può essere il numero due dell’Uefa a parlare così, a meno che non si tratti di un caso conclamato di bipolarismo e allora rincara la dose: “Grandi tornei anziché competizioni locali, non è la logica che ha ispirato la Superlega?“.

E qua il sommo Presidente si produce in un avvitamento da fare impallidire i tuffatori olimpici: “Parliamo di un torneo che di super non aveva nulla, che ha sbagliato tempi e modi imponendo un modello senza dialogo. Non mi rappresenterà mai“.

Che tradotto significa: qui comandiamo noi e le cose si fanno solo come e quando lo decidiamo noi, Superlega compresa.

Ma – e siamo al nocciolo del problema – se la Superlega viene proposta da organismi esterni alle federazioni, le federazioni stesse hanno il potere di controbilanciare al loro interno gli interessi dello show business con quelli della base del movimento, della tradizione, delle piazze medio-piccole, dei milioni di tesserati.

Ma se – sotto mentite spoglie – il giochetto viene messo in piedi da Uefa e Figc che, fischiettando indifferenti, affamano ogni giorno i campionati domestici e minori, queste realtà da chi saranno tutelate?

E, soprattutto, di questa cosa gravissima che oggi Gravina affida al Corsport e cioè che i soldi si spostano all’estero, il magnifico Presidente ha fatto mai parola in Consiglio federale, quel Consiglio che lui non pare tenere in grande considerazione? Hai mai condiviso ufficialmente timori e strategie, in Consiglio?

Non ci risulta, non sono segnalati campanelli di allarme di nessun tipo, niente di niente, il calcio di base affonda, la C si sgretola, in B il Presidente Balata si inventa pentole e coperchi per mettere pezze agli introiti mancanti dai diritti televisivi e attraverso il Corsport Gravina rileva che i soldi vanno all’estero.

Un po’ come quello che si lamenta dell’aria viziata nello scompartimento dopo essersi tolto le scarpe…

Il calcio italiano, inteso come movimento, non certo come punta dell’iceberg, non avrà più la possibilità di fare investimenti, costruire strutture, tutelare le realtà del Centrosud, il nostro calcio è lanciatissimo verso la propria fine e alla guida di questo convoglio impazzito c’è Gravina, piaccia o no.

La politica ha provato a intervenire per contemperare gli interessi, ma Gravina è uomo molto, molto potente in Italia e si sa difendere bene. Non è un caso che tutti i suoi oppositori (a parole o con i comportamenti) siano stati messi all’angolo, silenziati.

Non è un caso che sulla stampa nazionale quasi mai trovino spazio i rappresentanti della base (Lega B, leghe minori, Presidenti dei club medio-piccoli).

E così la Figc, invece di prendere per le corna Sky e “imporgli” – attraverso pacchetto – anche la serie B, lascia la patata in mano a quel giapponese nella giungla a nome Mauro Balata e lui si inventa il salto carpiato e chiude a prezzi più alti con Dazn (se l’emittente sopravvivrà al modello delle legge del più forte) e dal cilindro tira fuori anche Amazon.

Anche i club di B, ad esempio, sono quasi tutti ben consapevoli della situazione, ma si guardano bene dell’urlare che il re è nudo, alla fine sul campo ci vanno le loro squadre e mettersi contro i padroni del vapore, la Figc, non è mai una buona idea per chi non ha le spalle larghe, larghissime e, dunque, resta solo Balata a provare a fare argine facendosi più nemici che amici ed essendo oggetto di isolamento inevitabile.

Quel Balata che predica e opera per un campionato di B fresco, entusiasta, interessante ma al quale ogni giorno qualcuno sottrae risorse, come Totò a Peppino con i soldi sotto la mattonella, eppure la B c’è ancora, col suo carico di passione e di genuinità garantito dalle piazze che hanno fatto la storia del calcio italiano.

E Balata lo sa. E tutta Italia lo sa.

Il futuro del calcio italiano, quello che si nutre da sempre di piazze medio-piccole, della passione di milioni di tifosi e tesserati è davvero drammatico e di questo bisogna essere consapevoli: politica, Coni, vertici Figc, vertici delle Leghe, calciatori, allenatori, tesserati, sponsor, tifosi, stampa.

Che nessuno dica “non avevo capito”, “non avevo saputo”, da qui in avanti bisognerà scegliere, secondo coscienza e valori, tranne che, come qualcuno, non ci si vergogni di nulla, mai.

Ma per fare questo ci vuole talento.

Condividi