La dignità non ha sesso, è inclusiva e non permette a un uomo di picchiare una donna

Angela Carini ferma il match contro Imane Khelif: ritiro dopo 46 secondi. Un'ingiustizia che infanga la Nobile Arte e che ricopre le Olimpiadi di vergogna

CalcioWeb

Poco meno di un minuto. Quarantasei secondi per l’esattezza. È stata questa la durata del match fra Angela Carini e Imane Khelif, atleta intersex che boxa nel torneo femminile. Qualcuno potrebbe aver pensato a un ko rapido, non sarebbe la prima volta nella boxe, certo, ma non è questo il caso. Angela Carini ha chiesto di fermare il match, ha perso per ritiro.

Angela Carini-Imane Khelif: il match

L’incontro, se di incontro si può parlare, è durato pochissimo. Giusto il tempo di due scambi, due violenti affondi al mento da parte dell’atleta algerina. Dopo il primo pugno ricevuto Angela Carini è tornata al suo angolo lamentando un apparente problema al caschetto, sintomo che qualcosa non stesse andando per il verso giusto.

Il secondo pugno, ancora più violento, l’ha costretta nuovamente a interrompere il match. Questa volta definitivamente. “Mi ha fatto malissimo“, il labiale catturato dalle telecamere prima della resa confermata dall’allenatore. La pugile italiana è poi scoppiata in lacrime, ripensando probabilmente a 4 anni di allenamento, sacrifici, sogni e speranze, negate per un’ingiustizia olimpica.

Ero salita sul ring per combattere. Non mi sono arresa, ma un pugno mi ha fatto troppo male e dunque ho detto basta“, ha dichiarato successivamente, fra le lacrime, dopo il match. E poi: “dopo il secondo colpo preso sul naso non respiravo più, sono andata dal maestro e con maturità e coraggio ho detto basta. Perchè servono coraggio e maturità per fermarsi. Non me la sono più sentita di combattere“.

Angela Carini-Imane Khelif: ingiustizia olimpica

L’incontro fra Angela Carini e Imane Khelif era un’ingiustizia annunciata, prevederne l’esito era anche abbastanza scontato. Imane Khelif, secondo la federazione di boxe, è paragonabile a un uomo: agli ultimi Mondiali è stata squalificata per aver presentato valori di testosterone troppo alti. Tradotto: non può combattere con le donne. È stato testato che il pugno di un uomo sia il 160% più forte di quello di una donna.

Imane Khelif non ha iniziato a boxare ieri. L’atleta nordafricana ha una lunga carriera alle spalle e quelle odierne non sono le prime polemiche che la riguardano. Brianda Cruz, pugile messicana, dopo aver affrontato Imane Khelif in passato, ha dichiarato: “i suoi colpi mi hanno fatto molto male, non credo di essermi mai sentita così nei miei 13 anni da pugile, nemmeno combattendo contro sparring partner uomini“. Esperienza tristemente simile a quella di Angela Carini.

La pugile azzurra, soprannominata “Tigre”, alla quale il coraggio di certo non manca, ha deciso di dire basta, di preservare soprattutto la propria salute. Un ritiro in lacrime, in ginocchio al centro del ring, ultimo baluardo di dignità contro un’ingiustizia annunciata, concessa sull’altare dell’inclusività a tutti i costi, del woke che non fa svegliare proprio nessuno, del CIO che vede un atleta paragonato a un uomo picchiare una donna e si compiace di come tutto questo sia normale.

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