Così la Serie B sta divorando se stessa: la verità sul caos diritti TV, gli sforzi di Balata e le responsabilità dei club

La Serie B divora se stessa: un'analisi sul caos diritti TV, la posizione di Balata e la responsabilità dei club

CalcioWeb

Prima o poi il momento di guardarci dentro e chiederci chi siamo e dove vogliamo andare arriva per tutti; arriva per le persone e per le attività. Arriva, tanto più, per le rappresentanze di tipo consociativo che, in quanto tali, presentano al loro interno mille anime. La Serie B del calcio italiano è a un bivio importante, a uno snodo probabilmente decisivo sul proprio futuro e si tratta di fare scelte.

Scelte pesanti, scelte che guardino lungo, scelte che un professionista di altissimo livello come il Presidente di Lega Mauro Balata ben saprebbe come indirizzare, ma – come detto – l’assoluta eterogeneità, forse anche promiscuità della composizione della compagine di Lega le rende difficilissime, forse impossibili.

Mauro Balata e il futuro della Serie B

Proviamo a mettere un po’ di ordine: l’arrivo di Mauro Balata alla guida della seconda lega calcistica del Paese è datato ormai 2017 (compreso un breve periodo da commissario straordinario) e da allora, indiscutibilmente, la Serie B ha cambiato pelle, ha cambiato appeal.

Si, certo, la presenza di piazze storiche, di città importanti aiuta, ma queste non sono mai mancate nella storia della serie B e allora è cambiato l’approccio, è cambiata l’impronta, la comunicazione. La Serie B ha messo abiti nuovi, belli, eleganti ma mai ridondanti, anno dopo anno è diventata accattivante. Il percorso immaginato e poi messo su da Mauro Balata e accettato dei club ha portato il torneo di Serie B a risultati mai visti prima.

Tutto bene, quindi? Eh no, perché – proprio come quando si accompagna nella crescita un figlio – arriva un momento in cui l’infanzia e l’adolescenza terminano e bisogna scegliere cosa fare da grandi e, si badi bene, non lo può decidere il padre (leggi Balata), questi può consigliare, indirizzare, ma la scelta compete al giovane uomo (leggi i club di serie B).

In buona sostanza e fuor di metafora, i club (e qua arriva l’ostacolo, forse insormontabile, dell’eterogeneità) devono scegliere: o la B diventa una succursale della A anche sul piano delle scelte, dell’approccio, dei soldi messi sul piatto, oppure diventa (o torna) un trampolino di lancio per piazze e singoli calciatori e, si badi bene, non si tratta di ipotesi antitetiche sul piano dei valori, sono ugualmente nobili, si tratta solo di scegliere. Appunto.

I diritti tv

Nelle scorse stagioni i club di Serie B incassavano tra diritti tv e mutualità circa 120 milioni complessivi (diciamo circa 6 milioni per ogni club) cui aggiungere quelli relativi al minutaggio dei giovani. Insomma, un club che ci sapesse fare, sommando marketing e botteghino, approcciava alla stagione con un gruzzolo di 10-12 milioni.

Ora, questi soldi sembrano tanti e probabilmente lo sono per la B, ma – nel frattempo – sono numerosi i club che sul piatto hanno messo 20, 25, 30, addirittura 35 milioni di budget solo per la prima squadra e questo, inevitabilmente, ha tirato su proporzionalmente anche l’asticella di chi, invece, spropositi non ne fa e che, però, se una volta chiudeva il cerchio con 3 milioni, ora per salvarsi ne deve cercare almeno 6, solo per la prima squadra e le squadre di seconda e terza fascia non hanno, come le big, la possibilità di andare in rosso: si spende quello che si ha.

Bene, benissimo, direte voi… certamente, ma se – esattamente come in A – il gap tra prime e ultime diventa abissale, ne risente l’intero movimento e, infatti, non è infrequente la sparizione dal calcio professionistico di club fino all’anno precedente ambiziosi in serie B.

Ma c’è di più: dalla stagione che sta per cominciare la mutualità scende da 78 a 60 milioni e l’offerta delle emittenti – al momento – passa da 43 milioni complessivi (Sky + Dazn + diritti estero) a circa 33… insomma mancano circa 1,4 milioni a testa per ogni club e questo nonostante gli straordinari dati in termini di interesse e ascolti che la B di Balata ha fatto registrare anno dopo anno, ultima stagione compresa.

Questo accade per problemi strutturali delle emittenti (vedi Dazn) e, comunque, a causa di una sempre più marcata scelta delle emittenti stesse che le porta ad orientarsi sui campionati esteri e sulle coppe, spostando lì il focus degli investimenti.

Quale futuro per la Serie B?

E siamo al dunque: capite bene che un buco da 1,4 milioni è un guaio enorme per club di medio/bassa capacità e, invece, equivale (in proporzione) al costo di una cena sociale per i bilanci del Palermo, della Cremonese, di Como e Parma dello scorso anno e via così.

In un Paese che non sia l’Italia, per salvaguardare il sistema, questo buco se lo accollerebbero i club smisuratamente più ricchi per tutelare gli altri, ma questa nel Bel Paese è l’utopia di uno zingaro ubriaco; l’alternativa (alla quale si perverrà dopo la firma degli accordi che, nei termini sopra esposti, avverrà comunque prima dell’avvio del torneo) è chiedere, ancora una volta, ai più piccoli di tirare la cinghia e, ancora una volta, cercare da qualche parte del globo un Paperon de’ Paperoni che li faccia svoltare per sempre.

Ma – e questo Balata lo sa perfettamente – sarebbe (sarà) un altro passo verso la fine ed è paradossale che ciò avvenga proprio nel momento di massimo fulgore storico della lega di B.

Una lega che, per meriti propri e del proprio Presidente è arrivata, con la sua freschezza, ad essere ambita e ad avvicinarsi, per interesse di massa, al piano di sopra ma, paradossalmente, ha dimenticato che la sua caratteristica che l’ha portata fin lì è proprio essere diversa (in termini di dinamiche di spesa) dalla serie A, quella serie A alla quale troppi clubs tendono ad omologarsi, lasciando in mezzo a una via almeno altre dieci società, almeno…

Dicevamo delle scelte. La B deve decidere cosa vuole diventare: o la brutta copia della A o, veramente, come ha dimostrato di poter fare dal 2017 ad oggi, un’espressione identitaria, riconoscibile, apprezzata ed inclusiva.

Ma per fare ciò bisogna smettere di piangere perché arrivano meno soldi e fare con i soldi che ci sono, ma tutti. Servono ora, o tra poco, scelte pesanti, scelte che traghettino la lega di B verso una seconda fase che non butti a mare lo straordinario lavoro della prima.

Scelte forse impossibili per l’Italia, come quelle di obbligo di numero minimo in campo di calciatori provenienti dai settori giovanili e/o quella dei tetti salariali.

Perché ad ogni strappo che i club straricchi produrranno mettendo le mani in tasca per alzare budget già folli o per rimediare a minori introiti provenienti dalla cessione dei diritti televisivi resteranno sempre più indietro numerosi club che quei soldi non li hanno. E anche la B, così, avrà mangiato se stessa…

Condividi