Storia degli Europei – In principio fu la Coppa dei Campioni

La storia degli Europei: dalla Coppa dei Campioni alle prime due storiche edizioni, il percorso che ha portato alla nascita del torneo

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All’improvviso, all’alba degli anni ’50, i maestri del football, gli inglesi, sono o obbligati a sbattere il muso contro una realtà imprevista. La loro Nazionale, accostatasi – dopo aver superato a stento i complessi di superiorità – ai Mondiali di calcio aveva rimediato due scoppole: la prima, epica, nel ’50 in Brasile, dove furono rimandati a casa nientemeno che dagli Stati Uniti, suscitando sdegno e vergogna nazionale, e la seconda, 4 anni più tardi, in Svizzera quando i rappresentanti della Corona di Inghilterra uscirono ai quarti.

Il Wolverhampton e il mito della Grande Ungheria

Pochi mesi dopo il Wolverhampton, campione d’Inghilterra, organizza una serie di amichevoli di grande prestigio contro Austria Vienna, Spartak Mosca, Maccabi Tel Aviv. Le vince tutte, ma, ce n’è ancora un’altra da giocare: la più importante di tutte.

Sono le 7.30 della sera del 13 dicembre 1954 è un lunedì, il termometro segna due gradi e piove, la gara nelle locandine è indicata come “friendly match”, amichevole, eppure le tribune dell’impianto sono gremitissime. Eh sì, perché in quella gelida sera allo stadio Molineaux di Wolverhampton, 200.000 anime, nel cuore dell’Inghilterra, a due passi da Birmingham scende nientemeno che la Honved Budapest.

Ci vorranno ancora due anni perché il mondo veda i carriarmati russi mettere sotto i loro cingoli i sogni di libertà del popolo magiaro e l’epopea della grande Ungheria e della grandissima Honved, creando, così, l’amara leggenda della “squadra spezzata”; ancora quell’Honved, quella fredda sera a Wolverhampton, rappresenta anche il nucleo fondante della Grande Ungheria che solo pochi mesi prima era andata a un passo dal titolo mondiale cedendo in finale ai tedeschi.

I germanici avevano sovvertito in maniera del tutto inaspettata ogni pronostico, al punto di far passare alla storia la loro impresa come “il miracolo di Berna”, anche se poi, poche settimane dopo, il ricovero in massa dei neocampioni del mondo per gravi sofferenze epatiche avrebbe chiarito che si trattava, più che altro, di “miracolo della chimica”.

Comunque sia, quella sera contro i Campioni d’Inghilterra scendono vere e proprie leggende come Kocsis, Lorant, Czibor e, soprattutto, il colonnello Puskas. Solo sei mesi prima la Nazionale ungherese ai maestri inglesi ne aveva rifilati sette a Budapest, dopo averne impacchettati – invece – 6, ma stavolta a Londra, sul finire del 1953. Insomma, sei alla prima e sette alla seconda, la rivincita e diciamo che i “maestri del football” non la avevano presa benissimo.

Capite bene con quale enfasi gli inglesi accolgano quella amichevole e, soprattutto, la conseguente vittoria per 3-2. I britannici ci mettono un attimo ad alzare la cresta nuovamente, parlando di “partita del secolo”.

La stampa d’oltre Manica riafferma la superiorità del calcio inglese – che in un attimo aveva spazzato via il ricordo delle figuracce ai Mondiali e dei 13 gol subiti in due gare dall’Ungheria –  autoproclamando – sono da sempre maestri nell’autoreferenzialismo i Britannici – la squadra di club inglese del Wolverhampton come la migliore del mondo. Lo fa la prima pagina del Daily Mail.

Da sempre l’arroganza inglese sta sulle croste in primis ai Francesi e, infatti, è un giovane giornalista dell’Equipe, da Parigi, ad aprire la polemica, invitando alla prudenza i dirimpettai inglesi e consigliando loro, prima di lasciarsi andare a giudizi così netti, di pensare a confrontarsi col Real Madrid o col Milan, ad esempio.

La nascita della Coppa dei Campioni

Comincia a prender forma l’idea di un vero e proprio torneo continentale per club, per quelle squadre che avessero già trionfato nei rispettivi campionati di provenienza. E’ un sabato, il 2 aprile del 1955 – l’Europa dell’auto celebra l’arrivo della Fiat 600 da qualche settimana – e in una saletta riservata dell’Hotel Ambassador di Parigi nasce, tra i più rappresentativi club continentali la “Coppa dei Campioni d’Europa”.

Curiosamente gli inglesi non partecipano alla prima edizione, perché, come al solito, se la fanno sotto e allora, avendo vinto il campionato inglese, a sorpresa, il Chelsea e non il Wolverhampton e ritenendo i londinesi non all’altezza delle rivali europee, la Federazione inglese, la mitica FA, non autorizza il Chelsea a partecipare alla prima edizione della Coppa dei Campioni, nella stagione 1955/56.

In verità l’Uefa non accoglie benissimo la trovata, teme che i club più importanti, organizzatisi in competizione continentale, tolgano spazio e lustro alle squadre Nazionali.

E’ come sempre accade, la minaccia della clamorosa scissione a far cambiare idea ai vertici del calcio europeo. L’Uefa cede e accetta, ponendo, però,  due condizioni: che siano le singole federazioni nazionali a dare il placet per la partecipazione delle loro rappresentanti (e, come visto, la federazione britannica si mette subito per traverso) e che, soprattutto, nel nome della competizione non compaia mai la parola Europa, riservata esclusivamente alle competizioni per squadre nazionali.

Quindi non più “coppa dei Campioni di Europa” ma solo “Coppa dei Campioni”. Sono 16 le squadre ai nastri di partenza, si comincia, dunque, dagli ottavi. Tra i nomi di maggiore spicco risaltano il Real Madrid, il Milan, l’Anderlecht, il Partizan Belgrado, il Rapid Vienna, il Psv Eindhoven.

Il primo trionfo del Real Madrid

Oieras è un Comune all’interno del distretto di Lisbona che a metà degli anni ’50 conta poco meno di 100.000 abitanti. E’ posto una ventina di chilometri a ovest della Capitale e si affaccia sul mare, proprio all’imbocco della grande insenatura dove l’Oceano Atlantico abbraccia il fine corsa del fiume Tago.

E’ nello stadio Nacional do Jamor che lo Sporting Cp (Sporting Club Portugal, oggi universalmente conosciuto come Sporting Lisbona e riconosciuto per le sue caratteristiche e rarissime maglie a righe orizzontali bianche e verdi) gioca le sue partite casalinghe nel 1955.

Ed è proprio sulla riva dell’Atlantico che il 4 settembre, in Portogallo, davanti a 30.000 spettatori che gremiscono lo stadio in ogni ordine di posti, la Coppa dei Campioni muove il suo primo, storico, passo. E’ 3-3 tra Sporting e Partizan Belgrado. La competizione piace subito a tutti e conosce un successo immediato. Il Milan va avanti fino alle semifinali, quando incrocia il Real Madrid.

Nordhal e Schiaffino tengono a galla i rossoneri al Santiago Bernabeu (da poco intitolato al suo ideatore e realizzatore) davanti a 129.660 spettatori dichiarati, probabilmente oltre 140.000 reali. Ci pensa, poi, Di Stefano – forse il più grande di sempre – a mettere due reti di distanza tra Real e Milan. Finisce 4-2 e al ritorno, a San Siro un Milan con un coraggio da leone va sotto nel punteggio, poi la ribalta e sfiora il 3-1 che avrebbe reso necessaria la terza partita.

Finisce 2-1, in finale ci vanno i ‘Blancos’ che, al Parco dei principi di Parigi trovano i sorprendenti campioni di Francia del Reims. Chi pensa ad una passeggiata di Di Stefano e soci ha sbagliato film, visto che dopo 10 minuti i Francesi conducono per 2-0 ed al 69′ sono, comunque in vantaggio per 3-2.

Il consueto colpo di reni del Real, che sarà il vero marchio di fabbrica degli spagnoli nei decenni a venire, consegna agli annali il 4-3 finale e all’albo d’oro il primo nome da incidere sulla coppa dei campioni. Anzi, per l’esattezza i nomi sono due: Real Madrid.

Storia delle competizioni Europee – 1960: nasce il primo Europeo di calcio

Tutto ciò, ovviamente, accelera di molto il processo di nascita del torneo continentale per Nazioni, per impedire che quello per club si prenda tutta la scena. In realtà esistono già alcune competizioni transnazionali, ma sono limitate ad aree geografiche, come la Coppa dell’Europa Centrale (poi Mitropa Cup) che si disputa dal 1927 o – di contro – la Coppa Latina (tra Paesi mediterranei), di scena dal 1947. Il contesto politico di “destalinizzazione” del blocco orientale favorisce l’idea di Henry Delaunay, il primo segretario generale dell’Uefa che, però, all’inizio, deve fare i conti con il rifiuto a partecipare di Inghilterra, Scozia, Germania Ovest e Italia.

C’è ancora molta diffidenza e, nel caso dell’Italia, anche il timore di prendere un’altra scoppola dopo la clamorosa (per l’epoca, oggi ci abbiamo fatto l’abitudine…) mancata partecipazione degli azzurri ai Mondiali di Svezia del 1958.

Comunque sia, si gioca e le partecipanti 17 in tutto: Irlanda, Cecoslovacchia, Unione Sovietica, Ungheria, Francia, Grecia, Romania, Turchia, Norvegia, Austria, Bulgaria, Jugoslavia, Germania Est, Portogallo, Polonia, Spagna e Danimarca.

Dopo un turno preliminare (che vede la Cecoslovacchia prevalere nel doppio confronto sull’Irlanda), si procede a ottavi e quarti di finale a eliminazione diretta. La Guerra Fredda è, comunque, protagonista e nei quarti la Spagna del generale Franco rifiuta la trasferta a Mosca.

La federazione spagnola vorrebbe giocare, per il football sarebbe un’occasione speciale, il confronto tra due scuole di calcio opposte, ma non c’è nulla da fare, Franco è irremovibile, d’altra parte tra le due Nazioni si è interrotto ogni rapporto diplomatico…

L’Urss ha via libera. Le magnifiche quattro si giocano il titolo nella fase finale, in Francia. Gli stadi delle semifinali sono il Parco dei Principi di Parigi e il Velodrome di Marsiglia.

A Parigi – al termine di una incredibile partita nella quale al 62′ la Francia conduce 4-2 – la Jugoslavia vince 5-4 grazie anche alle nefandezze di portiere e difesa francesi, mentre a Marsiglia l’Urss si sbarazza agevolmente (3-0) della Cecoslovacchia.

E’ il 10 luglio del 1960, è l’estate delle Olimpiadi di Roma, e nella capitale francese, per la prima volta, si assegna il titolo continentale di football per squadre nazionali.

E’ l’Urss di Lev Yashin a portare a casa il trofeo ai supplementari vincendo per 2-1 contro una tostissima Jugoslavia che era andata per prima in vantaggio, ma la prima edizione del torneo lascia in dote alla storia la presenza di personaggi come Alfredo Di Stefano, il francese Kopa, l’ungherese Kubala, per la prima volta tutti assieme in una parate di stelle.

Il principio è passato, ma l’ombra dell’assenza di scuole calcistiche fondanti il football stesso come quelle inglesi, tedesca, italiana, il rifiuto degli spagnoli, appiattisce troppo la declinazione del torneo sulla scuola “danubiana” o, comunque, dell’Est. Andrà meglio la prossima…

Storia delle competizioni Europee – 1964: al gran completo (o quasi…)

Nel 1964 la Spagna di Franco ha voglia di rivincita, chiede e ottiene l’organizzazione della fase finale degli europei. Stavolta ci sono tutte, o quasi. Quasi perché manca la Germania Ovest, il tecnico Herberger ha una visione molto “ortodossa”, diciamo così, e rinnega qualunque competizione che non sia il Campionato del Mondo.

C’è anche l’Italia, dunque e gli azzurri del Ct Fabbri agli ottavi si sbarazzano senza problemi di una modestissima Turchia (vincendo 6-0 in casa e 1-0 in trasferta), ma poi, ai quarti pescano i campioni in carica dell’Urss.

E’ il 13 ottobre del 1963 e allo stadio Lenin di Mosca agli azzurri saltano i nervi e, dopo un paio di interventi durissimi dei difensori sovietici, Pascutti reagisce e viene espulso. L’infortunio di Sormani (non sono previste sostituzioni) fa il resto è il 2-0 finale per i padroni di casa, alla fine, pare anche accettabile.

Il ritorno, il 10 novembre, a Roma, propone uno stadio “Olimpico” stracolmo, gli azzurri con la voglia di cercare il miracolo e la clamorosa rimonta ma non basta. La verità è che i sovietici hanno un altro passo e il gol di Gusarov alla mezz’ora del primo tempo tarpa le ali alle ambizioni italiane. Dopo un rigore fallito da Mazzola, toccherà a Rivera evitare almeno la sconfitta casalinga. Finisce 1-1, azzurri a casa e sovietici alla fase finale.

Il Ct Fabbri finisce nella bufera per non avere utilizzato Altafini e Sivori, lui ribatte che deve costruire la squadra per il Mondiale di due anni dopo, quello del 1966 in Inghilterra. La storia, con l’eliminazione subita ad opera della Corea del Nord dirà altro, ma questa, appunto, è un’altra storia…

Torniamo agli Europei del ’64 e alla fase finale in Spagna. Le semifinali si giocano al “Santiago Bernabeu” di Madrid e al “Camp Nou” di Barcellona, la Spagna freme, tutto il Paese attende l’evento, nulla a che vedere con la tiepida partecipazione dei francesi 4 anni prima.

Alle “Furie Rosse” spagnole servono i supplementari per realizzare il gol del 2-1 che elimina l’Ungheria e li manda in finale, mentre a Barcellona l’Urss ha vita facile (3-0) contro la sorprendente Danimarca (che però era stata baciata dalla sorte che le aveva regalato un tabellone caratterizzato da sedicesimi e quarti contro Malta, Albania e Lussemburgo).

La finale è molto più di una partita di calcio: è una sfida tra regimi, tra visioni politiche, tra sistemi sociali, tra scuole calcistiche, è la rivincita di quello che poteva essere e non era stato 4 anni prima.

E’ il 21 giugno del 1964 quando, alle sei e mezza della sera al “Santiago Bernabeu” di Madrid le Nazionali si Spagna e Urss entrano in campo precedute dall’arbitro inglese Holland al cospetto di 125.000 spettatori urlanti. La partita è dura, spigolosa, ma la coppa se la porta a casa la Spagna col gol-partita del 2-1 a 4 minuti dalla fine dei tempi regolamentari.

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