Spalletti e la storia delle lenti progressive

Tra Euro 2024 e Mondiali 2026, Spalletti e le lenti progressive: valutazioni e scelte tattiche per migliorare un'Italia che guarda al futuro

CalcioWeb

Imparare a usare le lenti da vista progressive è cosa fastidiosa e può richiedere anche del tempo, come ogni tipo di coniugazione tra presente e futuro, tra contingente e prospettiva. Il CT della Nazionale azzurra sa perfettamente di essere nel mezzo di una sorta di incubo kafkiano: da un lato gli si chiede di edificare, ricostruire, dal nulla, una Nazionale che sia – finalmente – in condizione di qualificarsi per i Mondiali 2026 (cosa scontata per decenni e diventata improvvisamente un’impresa da 10 anni a questa parte) e dall’altra, nonostante il cantiere aperto che è, difendere con dignità il titolo di Campione d’Europa in carica.

Si dice che per crescere è necessario sbagliare e trattasi di assioma sacrosanto, ma ciò fa – evidentemente – a pugni con la necessità di arrivare per lo meno ai quarti di questi Europei (che potrebbe rappresentare già un traguardo dignitoso). Ora Spalletti per primo sa bene che, sul piano del “peso” tecnico la sua Nazionale di oggi è marcatamente inferiore da almeno altre tre o quattro su scala continentale e, per questo, il suo obiettivo è ridurre questo gap da qua al 2026.

Italia tra Euro 2024 e Mondiali 2026

E intanto? E nel frattempo? E ora? Ora Spalletti sa bene che contro queste squadre è – per il momento – durissima e che solo la partita perfetta e un po’ di congiunture astrali possono aiutare, ma ci sono anche le altre squadre. Quelle da seconda fascia, come la Croazia e come questa Italia, probabilmente, anche se in queste competizioni si fa in fretta a saltare di fascia in un periodo temporale limitatissimo.

E, venendo al contingente, anzi all’urgente, insomma a Croazia-Italia, Spalletti è chiamato da subito a fare delle scelte che se da un lato rispondano alle necessità immediate, dall’altro – se possibile – traccino anche una linea per il futuro.

Un’ottima difesa

Partiamo dalla difesa e diciamo che – tranne imprevisti – la linea difensiva azzurra del futuro è già delineata ed è una signora linea potendo fruire certamente di Donnarumma e Bastoni (entrambi classe 99), cui aggiungere Scalvini (2003) e Calafiori (2002). Ma in questi europei Scalvini non c’è e quindi Bastoni fa il centrale insieme a Calafiori, mentre Di Lorenzo fa il terzino destro.

E qua siamo di fronte alla prima scelta immediata alla quale è chiamato il CT azzurro: dopo molte stagioni in cui è stato overperformante, Di Lorenzo è in una condizione imbarazzante, tenerlo in campo è un grosso rischio, per la squadra e per lui stesso, il ragazzo non merita di essere esposto a tali figuracce.

Freschezza e personalità a centrocampo

Un’altra scelta alla quale è chiamato urgentemente Spalletti riguarda Jorginho. Parliamo di un classe ’91 che non ha mai avuto un passo travolgente in mezzo al campo e che, probabilmente, ha esaurito il suo periodo migliore. Per carità, esperienza, classe e tecnica possono sempre tornare utili, ma dall’inizio serve gente di gamba, come lo stesso Spalletti ha più volte sottolineato.

E allora un altro il cui futuro azzurro è segnato è certamente Fagioli che potrà tornare utilissimo da qui in avanti e che, quindi, può ben coniugare contingente e prospettiva.

Ancora rimbombano nelle orecchie gli strali di questo Paese bigotto e falso, l’Italia, nel momento in cui Spalletti lo ha inserito nella lista dei convocati e non si capisce perché un calciatore che ha pagato un debito con la giustizia sportiva, poi debba ancora essere lasciato ai margini facendo una sorta di dispetto alla Nazionale stessa (oltre che a lui).

Vedrete che Fagioli ci tornerà parecchio utile e a quel punto tutti quanti ci si sarà dimenticati del bigottismo, precisamente come nel 1982 con Paolo Rossi…

Barella è un punto fermo del tempo presente e di quello futuro, mentre tra i quattro d’attacco Spalletti avrà ancora scelte importanti da mettere sul piatto.

Partiamo da Chiesa: il classe ’97 è parso molto al di sotto delle attese, ma vanno considerati un paio di aspetti: il primo è che si tratta di un calciatore irrinunciabile, sia ora che in ottica Mondiali; è unico che garantisce strappi, cambi di direzione, invenzioni.

La seconda valutazione è di tipo strettamente tattico: è vero che con la difesa a 4 l’esterno è chiamato a rientrare ad aiutare il terzino (in questo caso Di Lorenzo al quale il suo avversario stava facendo regolarmente la riga in mezzo), ma non può essere sempre e solo lui a farlo, per il semplice duplice fatto che da una parte si sfianca e dall’altra, in caso di riconquista della palla, si ritroverebbe con 70 metri di campo da fare.

Deve essere, invece, la mezzala a coprire più spesso quella fascia e deve farlo in anticipo, senza mettere il terzino in condizione di essere puntato e con una postura del corpo in cui è perdente dall’inizio.

Contro la Spagna la mezzala (Jorginho) questo lavoro lo ha fatto solo in paio di occasioni e anche male, ergo a Chiesa è stato chiesto di cantare e portare la croce. Con Fagioli al posto di Jorginho e con Darmian al posto di Di Lorenzo la musica di Chiesa potrebbe essere molto diversa.

In mezzo al campo ha sofferto anche Frattesi che ancora non riesce a incidere come servirebbe e Cristante potrebbe essere fisicamente più pronto (contingente vs prospettiva), ma attenzione a Folorunsho, visto che Spalletti chiede gamba e quella personalità che, ad esempio, Cambiaso ha dimostrato ancora di non possedere (e torniamo alla crescita…). Folorunsho potrebbe garantire copertura e ripartenza, spinta e fisicità, contingente e prospettiva. Spalletti avrà il coraggio di buttarlo nella mischia?

Pellegrini merita un’altra chance, anche se gente come Raspadori, El Sharaawy potrebbe far molto male alle difese avversarie, sia in campo aperto che quando sono chiuse.

In attacco è caccia al bomber

Per ultimo la nota più dolente: il centravanti. Non è certo colpa di Spalletti se nella patria di Riva, Anastasi, Boninsegna, Rossi, Prati, Bettega, Graziani, Pulici, Altobelli, Savoldi, Chinaglia, Pruzzo (solo per restare ai centravanti puri degli anni 70 e 80), ci si trova a dover andare in Sudamerica a naturalizzare Retegui.

Non è colpa sua se tre le prime sei della classifica dell’ultima serie A solo l’Atalanta ha un centravanti italiano. E quel centravanti, infatti, si chiama Scamacca. Non è un fulmine di guerra, ma quello abbiamo (o Retegui) e questa è la condizione, l’unica condizione, che mette d’accordo il presente e il futuro, il contingente e la prospettiva.

Qui la scelta di Spalletti è fortemente condizionata dai fatti che, notoriamente, sono ostinati e qui anche le lenti progressive rischiano di non bastare…

Condividi