Paul Pogba ha richiesto di effettuare un secondo controllo antidoping sul campione di urine prelevatogli lo scorso 20 agosto dopo la gara fra Juventus e Udinese. Secondo quanto riportato da “Tuttosport”, il calciatore francese aveva tempo fino alla mezzanotte odierna per presentare richiedere le controanalisi, richiesta effettuata per tempo.
La data designata per i nuovi controlli è quella del 20 settembre, successivamente si saprà se i primi dati raccolti verranno confermati o smentiti. Stando alla casistica, un ribaltamento dell’esito iniziale avviene molto raramente.
Possibile patteggiamento
La situazione sembra volgere verso la conferma. I rischi sono ben noti: la pena massima è di 4 anni, per il 30enne Pogba sarebbe una condanna alla fine della carriera, quantomeno a quella ad alti livelli. Discorso abbastanza simile se Pogba dovesse optare per la “tempestiva ammissione” e “accettazione della sanzione”: vedrebbe la pena ridotta a 3 anni, sempre troppi considerando anche la passata stagione, praticamente passata più in infermeria che in campo. Se venisse confermata la non volontarietà dell’assunzione, si partirebbe da 2 anni di squalifica.
Secondo “La Gazzetta dello Sport”, la strada del patteggiamento appare quella migliore per la carriera del calciatore. “In tale istanza devono essere indicati espressamente, in maniera accurata e veritiera – si legge nelle Norme Sportive Antidoping – gli elementi di fatto alla base della violazione, non limitandosi a una mera ammissione di responsabilità“.
A quel punto entrerebbero in gioco procura nazionale antidoping e Wada Lo sconto di pena non può essere superiore al 50% della squalifica formulata dalla procura antidoping. Se si dovesse partire dunque da 2 anni, il dimezzamento porterebbe a un solo anno di squalifica. Pogba dovrà però convincere il procuratore antidoping Pierfilippo Laviani della “non intenzionalità“.