E’ passato ormai un po’ di tempo, ma quell’episodio lo ha segnato a tal punto da lasciare la squadra di cui era capitano e che faceva sognare da 6 anni. Il Papu Gomez, ora al Siviglia, in un’intervista a “La Nación” torna a parlare della lite con Gasperini all’Atalanta nella scorsa stagione: “ho sbagliato qualcosa presumo – spiega il Papu – perché in una partita di Champions League (contro il Midtjylland, ndr) ho disobbedito ad un’indicazione tattica. Mancavano dieci minuti alla fine del primo tempo e l’allenatore mi ha chiesto di spostarmi a destra, mentre io stavo facendo molto bene a sinistra. Ho detto di no. Immagino che l’aver risposto così, a metà gara e davanti alle telecamere, abbia creato la situazione perfetta perché si arrabbiasse. In quel momento ho capito che sarei stato sostituito all’intervallo e così è stato. Negli spogliatoi però lui ha oltrepassato i limiti ed ha cercato di aggredirmi fisicamente”.
E’ stato lì che l’argentino ha scelto di dire basta: “Si può discutere, ok, ma l’aggressione fisica è intollerabile. Ho chiesto un incontro con il presidente Antonio Percassi e gli ho detto che non avrei avuto problemi ad andare avanti. Ho capito di aver sbagliato, che da capitano non mi ero comportato bene e che ero stato un cattivo esempio disobbedendo all’allenatore, ma gli ho anche detto che volevo le scuse di Gasperini“.
Le scuse, però, non sono mai arrivate e il presidente Percassi prese le difese dell’allenatore, gesto che fece propendere Gomez per l’addio: “Il giorno dopo – dice il Papu – c’è stata una riunione con tutta la squadra. Mi sono scusato con l’allenatore e i compagni per l’accaduto, ma non ho ricevuto scuse. Come dovevo intendere la cosa? Io avevo sbagliato e lui aveva fatto una cosa giusta? È iniziato tutto da lì. Dopo qualche giorno ho detto al presidente che non volevo più lavorare con Gasperini all’Atalanta. Lui mi ha risposto che non mi avrebbe lasciato andare e quindi è iniziato un braccio di ferro che ho pagato: sono finito fuori rosa. È stato brutto, dopo tutto quello che ho dato per il club. Si sono comportati male. Il presidente non ha avuto le palle di chiedere all’allenatore di scusarsi con me. Così è finito tutto. Ma non è tutto, visto che per me si sono anche chiuse le porte del calcio italiano: non volevano cedermi a nessun big perché dicevano che avrei rafforzato una rivale. Grazie a Dio è arrivato il Siviglia che mi ha permesso di continuare a competere ad alti livelli per poter aspirare alla Copa America. Era quella la mia ossessione”.