C’è un bel proverbio indiano che dice: “prima di dare un giudizio su una persona devi camminare due giorni con i suoi mocassini”. Delio Rossi ne ha fatto un mantra. Lo pronunciò in una delle situazioni più difficili della sua carriera, il giorno dell’addio alla Fiorentina. Un uomo schietto e diretto, senza scuse per i fallimenti ed esaltazione per i successi. Talvolta sopra le righe. Un allenatore che ha girato l’Italia intera e che ovunque sia stato ha lasciato un ricordo indelebile. “Ho sempre cercato di fare questo mestiere – racconta Rossi all’agenzia Italpress – immedesimandomi nei tifosi e vivendolo con passione e trasparenza: gli altri allenatori sono più bravi, io non sono mai riuscito a portare una maschera”.
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A Salerno lo hanno nominato cittadino onorario, lì esplose come allenatore regalando ai campani una storica promozione in Serie A nel 1997 e conquistandosi il soprannome di “Profeta”. Le esperienze a Lecce, Genoa e Atalanta lo hanno portato ad affermarsi, l’approdo alla Lazio nel 2005. In quattro stagioni biancocelesti disputa la Champions League e vince la Coppa Italia contro la Sampdoria. Indimenticabile il tuffo nella fontana del Gianicolo per festeggiare la vittoria nel derby con la Roma nel 2006. Dopo l’addio alla Lazio nel 2009, gli applausi da parte dei tifosi non sono mai mancati al suo ritorno da avversario. Un segno profondo Rossi lo ha lasciato anche a Palermo. Rapporto burrascoso con l’ex presidente rosanero Zamparini (come tutti). L’allenatore ha il merito di aver riportato il Palermo in Europa League e di aver centrato una finale di Coppa Italia dopo 32 anni.
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Durante le esperienze con Fiorentina e Sampdoria, Delio Rossi si è reso protagonista di gesti che nessuno ha dimenticato. Il 2 maggio 2012 era sulla panchina viola quando accadde l’impronosticabile al momento della sostituzione di Ljajic con il Novara. Qualche parola di troppo da parte del serbo, insulti al figlio malato dell’allenatore, e l’aggressione da parte di Rossi con la squalifica per 3 mesi del giudice sportivo. Un anno dopo, alla guida dei blucerchiati, perse di nuovo la testa contro la Roma alzando il dito medio nei confronti di Burdisso, reo di aver insultato un suo giocatore. Esplose una rissa con l’espulsione del tecnico: “Io sono quello, nel bene e nel male. Ha perso la pazienza il Papa, posso perderla anche io”, ammette Rossi a Italpress. L’anno a Bologna e l’esperienza in Bulgaria con il Levski Sofia non furono indimenticabili, ma la vita di Delio Rossi è sempre il calcio, la panchina, lì con chewing gum, vestito elegante e scarpe da ginnastica. “Se tornerò ad allenare? So fare solo questo, non posso riciclarmi in altra maniera. Ho dedicato la mia vita al calcio – ha concluso Rossi – C’è qualche situazione in ballo: vedremo se si presenterà l’occasione per dimostrare ancora le mie capacità”.