Sono passati tanti anni da quel 30 gennaio 1980 in cui faceva il suo esordio in prima squadra con la maglia dell’Inter un ragazzino di appena 16 anni che sembrava molto più grande della sua età. A dare questa impressione un paio di baffi da tipico poliziotto meridionale. Quel ragazzini si chiamava Giuseppe Bergomi e sarebbe diventato nel tempo una bandiera della squadra nerazzurra e uno dei più grandi difensori della storia del calcio italiano. Nato a Settala, piccolo comune della provincia di Milano, il 22 dicembre 1963, Bergomi venne notato quando giocava nelle giovanili del club nerazzurro dall’allenatore della prima squadra, Eugenio Bersellini, che, esattamente 40 anni fa, lo mandò in campo per la prima volta in una partita di Coppa Italia contro la Juventus, terminata 0 a 0: aveva 16 anni, un mese e 8 giorni. Da quel 30 gennaio, Bergomi, soprannominato lo “Zio”, ha collezionato in carriera con la maglia interista 756 presenze, un record che verrà superato solo nel 2011 dall’argentino Javier Zanetti. Capitano nerazzurro dal 1992 fino a fine carriera nel 1999, il difensore ha disputato ben 519 partite di campionato e 117 nelle coppe europee, ed è primatista di presenze nella vecchia Coppa Uefa, 96, di Coppa Italia, 119.
Bergomi si fece notare subito per il suo potenziale fisico e tecnico, e in particolare per l’abilità nel gioco aereo e ad anticipare gli avversari. Negli anni divenne un calciatore completo. Era uno specialista della marcatura a uomo, ma seppe adeguarsi anche al nuovo gioco a zona. Affidabile, costante nel rendimento, ed importante anche nel gioco in fase offensiva, efficace nei cross e nelle conclusioni a rete, di testa o con tiri da lontano. Con la maglia dell’Inter Bergomi ha totalizzato 23 reti in campionato, 7 in altre competizioni. In Nazionale ha messo a segno 6 gol in 81 incontri. In azzurro ha disputato ben quattro Mondiali, nel 1982, 1986, 1990 e 1998, e un Europeo, nel 1988. Con la vittoria di Spagna ’82 è diventato, a 18 anni, 6 mesi e 19 giorni, il più giovane calciatore italiano ad aver vinto un campionato del mondo, e il secondo più giovane in assoluto dopo una leggenda come Pelé. Nel suo palmarés ci sono uno scudetto, una Coppa Italia, una Supercoppa Italiana e ben tre Coppe Uefa. Bergomi si è contraddistinto anche per la grande professionalità e sportività, riconosciute da avversari e allenatori, e per lo spirito di sacrificio. Un campione ‘normale’ è il calciatore che emerge dal ritratto fatto nel libro ‘Bella Zio’ di Andrea Vitali, pubblicato nel 2018, in cui la bandiera interista ha raccontato: “Il calcio è cambiato, ma le cose sono sempre le stesse. Se vuoi raggiungere determinati obiettivi c’è bisogno di grande impegno, fatica, predisposizione e consapevolezza per fare le cose per bene, avere cura del dettaglio, e avere allenatori giusti che pensano alla crescita del ragazzo. Lo sport insegna tanti valori, sicuramente quello del rispetto, del senso di appartenenza e del gioco di squadra, perché da solo non vai da nessuna parte”.
Diversi gli aneddoti su Bergomi. Un interista che però avrebbe potuto vestire il rossonero. E sì perché, come ammesso dallo stesso Bergomi, doveva entrare nelle giovanili del Milan fu scartato in seguito ad alcuni problemi legati a dei reumatismi al sangue. Ai tempi della sua precoce apparizione in prima squadra, il mediano dell’Inter Marini, dopo averlo squadrato disse: “E tu avresti solo diciassette anni? Ma se sembri mio zio…”. Da lì il soprannome che lo accompagna ancora oggi. Un altro curioso aneddoto è legato ai duelli con van Basten. Come ammesso da Bergomi: “Negli anni ’90 San Siro non era un prato all’inglese, c’era molta sabbia e lui sui calci d’angolo poi te la lanciava addosso prima di andare a colpire di testa”.
Oggi Bergomi è un apprezzato commentatore per Sky. Mitiche le sue telecronache delle gare dell’Italia al Mondiale del 2006 e il suo “Andiamo a Berlino, Fabio” rivolto a Caressa dopo la vittoria ai supplementari contro la Germania.