Inter, Marotta lancia l’allarme: “il calcio rischia il default, dobbiamo essere più considerati dal Governo”

Il dirigente dell'Inter Beppe Marotta ha affrontato il delicato argomento della situazione legata al calcio, il mondo del pallone rischia tanto

CalcioWeb

“La situazione per il calcio italiano era ed è devastante. Siamo davanti al rischio default. Dobbiamo essere più considerati dal Governo, non in termini di contribuzioni di soldi o finanziamenti ma semplicemente per permetterci di respirare”. Sono le dichiarazioni dell’ad dell’Inter, Beppe Marotta, intervistato nel corso di Glocal 2020: “Il grande problema che oggi ha il calcio è che il costo del lavoro è sproporzionato rispetto al fatturato che si faceva e che si fa. Il rimedio non è certo chiedere soldi allo stadio, è impensabile. Ma siamo uno dei maggiori contribuenti, paghiamo circa 1,2 miliardi di gettito fiscale contributivo l’anno. Quello che vorremmo è avere almeno un differimento della tassazione, vogliamo essere considerati come uno dei maggiori contribuenti come in realtà siamo. Questo virus ha avuto un impatto violento, in prima battuta per la salute, creando uno stato di allarme in ogni squadra. Ci siamo trovati davanti al sentimento della paura, affrontando l’argomento con ‘ignoranza’, nel senso che non sapevamo a cosa andavamo incontro. All’interno del club la priorità è stata quelle di mettere in sicurezza dipendenti e calciatori, adottando il protocollo che ha dato garanzie”. 

“Non sono contrario alle Nazionali, ma servirebbe un uso diverso. Il problema è valutare questa situazione in una stagione anomala e in un calendario molto compresso. Quando si parla di Mondiali e Europei non si può dire nulla, ma quando vengono fatti tornei che non hanno rilevanza anche dal punto di vista dello spettacolo allora bisogna cercare di limitare le convocazioni. Il dialogo tra le Nazionali e i club non è mai esistito e non esiste ancora oggi, vorrei venisse rafforzato anche per aiutare i giocatori: se ci sono amichevoli di poca importanza, i calciatori vanno dosati. E in questa pausa abbiamo anche dovuto gestire la brutta figura fatta come Italia, con alcune Asl che non hanno concesso la disponibilità dei giocatori alle federazioni. È stata l’unica nazione in cui è successo, a dimostrazione di come già nel nostro interno esistono problemi nei problemi”. 

Sul problema dei tamponi: “oggi stiamo subendo un condizionamento, da un tampone all’altro ci si può ritrovare un gruppo di giocatori disponibili o no. La grande difficoltà degli allenatori è gestire la programmazione della partita e la pianificazione degli allenamenti. Dal punto di vista sportivo siamo in grande difficoltà. Per questo penso che debba essere centralizzata tutta la Serie A così da non creare situazioni diverse tra le squadre”. 

Ancora sulla crisi del calcio: “Si calcola che la Serie A produca 4 miliardi di euro e in un anno normale il deficit era di circa 700 milioni. Nel 2020 andiamo verso il 50 per cento di deficit. Uno dei problemi più grossi è che il costo del lavoro è sproporzionato rispetto al fatturato. Oltre a questo, con gli stadi chiusi mancano gli introiti del botteghino, voce che per l’Inter incideva per circa 50 milioni, oltre a tutte le entrate commerciali derivanti da quello che si chiama ‘match day’, tra merchandising e altre varie entrate. Gli sponsor hanno iniziato a ridurre gli investimenti pubblicitari portando una contrazione e un contenzioso con le aziende per circa il 20 per cento del fatturato”.


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