Zaniolo come Ancelotti 40 anni fa. E lui consiglia: “Arretra a centrocampo”. Poi svela un aneddoto…

Il "film" di Zaniolo è stato già anticipato 40 anni fa da Carlo Ancelotti. E, adesso, l'allenatore, è nella posizione giusta per poter dargli consigli

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Ora è Zaniolo. Allora fu Ancelotti. Sempre alla Roma, sempre in gioventù. Così come il giovane talento giallorosso, che in 9 mesi ha subito per ben due volte la rottura del legamento crociato – ma di entrambe le ginocchia – 40 anni fa fu Carletto Ancelotti ad “anticiparlo”. Nell’81 il primo grave stop, con assenza ai Mondiali in Spagna dell’anno dopo, nell’83 il secondo. Ma ha arretrato la sua posizione da trequartista a mediano e la vita gli ha restituito poi trofei, vittorie e gioie.

E’ quello che l’attuale allenatore dell’Everton sintetizza in un’intervista alla Gazzetta dello Sport: “Ho visto l’infortunio a Zaniolo e mi sono subito accorto di che cosa gli era capitato. Purtroppo ci sono passato, da quelle situazioni, e so che sono momenti terribili – ha detto – Nei prossimi giorni lo chiamerò al telefono, ma deve stare tranquillo. Tornerà più forte di prima, glielo garantisco. Io mi sono fatto male 40 anni fa, ora la chirurgia ha fatto passi da gigante e anche le tecniche di riabilitazione sono in continuo aggiornamento. Sono sicuro che Zaniolo diventerà un fuoriclasse e questo, oltre che per la Roma, è un bene per l’Italia. Zaniolo ha qualità tecniche e fisiche impressionanti. Potrà fare in campo quello che vorrà, non escludo che possa diventare un grandissimo centrocampista, arretrando il suo raggio d’azione“.

“Il primo infortunio fu nell’ottobre del 1981, durante Roma-Fiorentina. Faccio un movimento strano e il ginocchio destro cede. Avevo dolori pazzeschi. Salta il Mondiale. Bearzot mi avrebbe convocato per la Spagna, ero già nel giro della Nazionale. Il c.t. mi teneva in grande considerazione nonostante l’avessi combinata grossa alla prima trasferta, al Mundialito in Uruguay: eravamo in ritiro, una sera io, Tardelli e Gentile uscimmo di nascosto e rientrammo alle due di notte. Bearzot ci aspettava davanti all’ascensore: a Tardelli e Gentile non disse nulla, a me fece una ramanzina che ricordo ancora. Però mi voleva bene e dopo l’infortunio mi telefonò diverse volte e mi incoraggiò. Non mollare, mi ripeteva. E io no, non ho mollato”.

“Il secondo stop fu invece il 4 dicembre 1983, al Comunale di Torino. Partitissima contro la Juve, salto di testa assieme a Cabrini, lui mi sbilancia, io cado male e ciao ciao ginocchio. Il sinistro, stavolta. Altro dolore, altra operazione, altra fisioterapia, altri momenti difficili. Ma non pensai mai di smettere.  Combatto tutti i giorni una battaglia speciale con le mie ginocchia. Perché mi fanno ancora male, ma io non arretro di un passo. Loro mi fanno male? E io corro. Loro mi fanno male? E io vado in bicicletta. Loro mi fanno male? E io calcio in porta. Anche Zaniolo deve fare così, tirare fuori il carattere da guerriero. Ma sono sicuro che la grinta non gli manca. Guai ad abbattersi, sarebbe come darla vinta a loro, alle maledette ginocchia. No, mi ripeto sempre, non mi avrete mai”.

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