Piedi fatati, ma carattere difficile. Quante volte abbiamo sentito questo binomio. E’ il caso anche di Claudio Borghi. Il fantasista argentino fece innamorare di lui due persone nello stesso istante. Si giocava la finale di Coppa intercontinentale tra Juventus e Argentinos Juniors e l’avvocato Gianni Agnelli e Silvio Berlusconi rimasero affascinati da quel calciatore, capace di incantare persino Platini, che lo definì “Il Picasso del calcio”. La sua prestazione contro i bianconeri entusiasma a tal punto il neo patron rossonero, che lo porta in Italia nell’estate del 1987 per 3,5 miliardi di vecchie lire. Borghi incontra subito le prime difficoltà, Il rapporto con Sacchi è difficile e la concorrenza tanta. Il Milan lo gira in prestito al Como. Anche con i lariani non va bene e Borghi va in Svizzera allo Xamax. Poi inizia a vagabondare per il Sudamerica. Ritiratosi dal calcio giocato, Borghi intraprende la carriera di allenatore, con il picco più alto con il Colo Colo, con cui nel biennio 2006-2007, si aggiudica per due volte campionato di Apertura e Clausura cileno, venendo inoltre nominato allenatore Sudamericano dell’anno a fine stagione. Nel 2010, si aggiudica il campionato argentino di Clausura con l’Argentinos Jrs. La carriera da tecnico è stata certamente migliore di quella da calciatore. Oggi Borghi vive a Santiago del Cile con la moglie Mariana e i figli Dominique e Filippo. Un genio incompreso, uno dei tanti. Il Picasso del calcio poteva fare un’altra carriera, ma il talento non basta.