Nizar Trabelsi compie 50 anni. Chi è? Si chiederanno in molti. Andiamo a raccontare la sua incredibile storia. Inizia a giocare nelle strade assolate di Sfax, costa orientale della Tunisia. A notare il suo talento è un osservatore dello Standard Liegi. Si trasferisce, così, in Belgio. Una stagione con ‘Les Rouches’, poi il passaggio in Germania al Fortuna Dusseldorf. Qui non gioca praticamente mai. Si isola, inizia a bere e a drogarsi. Inevitabilmente, la sua carriera da calciatore naufraga. Passa al Wuppertaler, poi al FC Wülfrath, al Wermelskirchen e infine al VfR Neuss. Sempre senza lasciare traccia.
A 24 anni la sua carriera è praticamente finita. L’incontro con Tarek Maaroufi, primo cittadino belga che dal dopoguerra si era visto togliere la nazionalità. Prima di suicidarsi, Maaroufi lo porterà su una strada ben peggiore. Gli fa incontrare Djamel Beghal. Vola a Londra, poi in Afghanistan. Nel 2000 torna brevemente in Germania per chiedere alla moglie di seguirlo a Jalalabad. Due passaporti falsi e una vita nell’ombra. Riesce ad incontrare perfino Osama Bin Laden. Trabelsi svelerà anni dopo ai giudici: “Mi disse che potevo considerarlo come un padre, è per questo che lo amo”.
Da quell’incontro prenderà forma la nuova vita di Nizar Trabelsi. Primo incarico: due statue da abbattere. All’inizio del 2001 Trabelsi esegue gli ordini. Un commando posiziona della dinamite sotto le due statue dei Buddha di Bamyan, patrimonio dell’umanità. Due esplosioni fortissime. Ma non basta. La sua intenzione è quella di diventare un martire di Al Qaeda. Torna in Belgio per pianificare l’attentato contro la base militare di Kleine-Brogel. Nel frattempo Djamel Beghal viene arrestato e parla. La polizia fa irruzione nell’appartamento di Trabelsi e trova armi, passaporti falsi e formule per preparare esplosivi. Nessuno lo riconosce: barba lunga, niente capelli. Un arresto avvenuto due giorni dopo l’attentato alle Torri Gemelle.
Nel giugno del 2004 viene condannato a 10 anni di carcere. Nel 2006 aggredisce una guardia carceraria e viene trasferito nella prigione di massima sicurezza di Nivelles. Nel 2007 la polizia scopre l’esistenza di un piano per farlo evadere e arresta altre 14 persone. Un tipo non certo tranquillo. Un ex detenuto ha raccontato a ‘La Libre Belgique’: “Metteva a tutto volume un cd con preghiere in arabo dove si sentivano esplosioni e colpi di fucile. Le guardie non volevano avere niente a che fare con lui, si accontentavano di fargli abbassare il volume”.
Nel 2013 gli Stati Uniti chiedono e ottengono l’estradizione. Trabelsi scrive alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Doveva infatti scontare l’ergastolo in una prigione della Virgina. Afferma che quella sentenza non è dignitosa e gli danno ragione. Il Belgio viene condannato a risarcire Trabelsi con 90 mila euro fra danni morali e spese legali. Qualche mese dopo, però, il Tribunale di Strasburgo rigetterà il suo ricorso contro il Belgio per averlo estradato negli Stati Uniti. Come calciatore non ha avuto fortuna, ma il suo nome resterà impresso per sempre, seppur per motivi decisamente meno nobili.