La storia di Gianni Comandini. Una meteora del calcio. Ex attaccante di Atalanta, Cesena, Vicenza e Milan. Salito alla ribalta proprio grazie ai rossoneri, o meglio grazie alle due reti messe a segno nel famoso derby dell’11 maggio 2001. Due firme nello storico 6-0 all’Inter, le uniche gioie con il Diavolo. Quella notte è racchiusa in poche righe, nel libro ‘Facce da Milan‘: “Ora, sappiamo tutti benissimo come è andata, ma io sono giunto ad una conclusione: Comandini non esiste. Provate a pensarci: che faccia ha Comandini? Ogni volta che ci penso, a me viene in mente Adani. È più forte di me. In ogni caso è spuntato dal nulla. Preso dal Vicenza per la cifra assurda di 20 miliardi di lire dell’epoca non ha praticamente mai giocato fino ad oggi, sempre tenuto in panca. Ma oggi casca in una di quelle congiunzioni astrali che capitano una volta nella vita e lui lo sa. Oggi è il bruco che ha atteso strisciando, fino al giorno in cui diventa farfalla e può volare. Per questo è lì, splendidamente lasciato solo e non deve far alto che buttare il pallone in porta. Gol. 0-1 al derby al terzo minuto. Ovviamente crolliamo tutti fino alla transenna. Passa un quarto d’ora: Serginho piazza una palla morbida nel mezzo e chi va a pigliarla? Gianni Comandini. Si fuma Ferrari e la incrocia sul secondo palo: 0-2 al derby, al 20’. Esulta sotto la curva, alza le braccia come per dire ‘Oh, finalmente, echeccazzo’, mentre a noi simultaneamente appaiono San Pietro e la Madonna appollaiati sulla traversa. Sono quelle cosa che ti fanno dire: è troppo bello per essere vero”.
Chiusa l’esperienza milanese, nell’estate 2001 passa all’Atalanta per 30 miliardi di lire, risultando l’acquisto più caro della storia della società bergamasca. Solo 4 reti. Poi Genoa, nuovamente la Dea e Ternana. Vanta anche 15 presenze con l’Italia Under 21 e 4 gettoni con la Nazionale olimpica. Nel 2006, a seguito di problemi fisici persistenti ed a soli 29 anni, chiude la sua carriera di calciatore professionista. Dopo il ritiro è tornato a Cesena, dove ha aperto un ristorante.
Diventa surfer e DJ. Insieme ad un gruppo di amici si carica sulle spalle la riqualificazione di un teatro in centro a Cesena, il Teatro Verdi e inizia a suonarci dentro. Perché Gianni Comandini e il calcio sono stati accoppiati un po’ per caso. E oggi, a chi gli chiede un commento sulla sua carriera, risponde così: “Penso anche che la vita sia fatta di cicli: per qualcuno il calcio è una parte importantissima; per me, invece, è stata solo una parentesi: bella e indimenticabile, ma solo di una parentesi si è trattata. Sono comunque riconoscente a questo mondo perché mi sta permettendo di vivere oggi la vita che avrei voluto vivere, senza far mancare niente ai miei due figli. Se mi chiederanno cosa fare da grandi, gli consiglierò di diventare surfisti”.