Baresi: “Devo ringraziare cinque persone. Pallone d’Oro? Niente rimpianti”. E sulla Juve e sui rigori…

Franco Baresi compie 60 anni. L'ex capitano del Milan ha toccato varie fasi della sua carriera nel corso di una lunga intervista

CalcioWeb

L’ex capitano del Milan Franco Baresi compie oggi 60 anni. Per l’occasione il mitico numero 6 rossonero ha rilasciato un’intervista al ‘Corriere dello Sport’ ripercorrendo un po’ quelle che sono state le tappe fondamentali della sua carriera. Si inizia però dall’attualità, dal Coronavirus: “Sento spesso i miei parenti a Travagliato che, per fortuna, è stato colpito poco. Mi hanno raccontato che l’atmosfera nelle province di Bergamo e Brescia è tremenda. Il nostro Paese è stato messo a dura prova e c’è una ferita profonda che sarà dura rimarginare. So che tutti gli appassionati sperano che il campionato riparta e che possa essere portato a termine. Però mi metto nei panni dei giocatori e non è facile. Perché giocare in stadi vuoti non è semplice. Ma se saranno in sicurezza e ci saranno comportamenti responsabili, credo sia giusto provare a ricominciare, per dare anche allegria e svago”.

Poi si passa alla lunghissima esperienza in rossonero, tra allenatori, compagni e presidenti: “Tanti giovani mi hanno visto in televisione e non hanno vissuto dal vivo i miei anni. Il Milan è la mia vita. Con il Milan ne ho viste tante, sia sul campo sia da dirigente. Ho incontrato tante persone lungo il cammino che mi hanno fatto crescere, mi hanno forgiato. Vorrei citarne cinque: Gianni Rivera, Nereo Rocco, Nils Liedholm, Silvio Berlusconi e Arrigo Sacchi. Sono persone che mi hanno dato molto. Rivera è stato il mio capitano, da lui ho imparato tantissimo, anche se l’ho avuto solo un anno perché lui era a fine carriera. Mi è servito tantissimo quell’annata dove abbiamo vinto lo scudetto della stella con una squadra che non era, di certo, la favorita per vincere il campionato. Liedholm e Rocco sono state due icone: se penso a loro mi vengono i brividi. Berlusconi è stato lungimirante e, per me, è stato fondamentale. Ha portato la sua mentalità vincente dentro una squadra di calcio. Sacchi è stato quello che mi ha completato e migliorato sotto tanti punti di vista. Ha introdotto una cultura del lavoro diversa. Preparava le gare in maniera diversa da quello che era il metodo abituale dell’epoca”.

Sui momenti più felici e quelli più bui Baresi ha qualche dubbio: “Uno solo è difficile. Anche se metterei in fila i primi due anni di Sacchi. Lo Scudetto del 1988 è stato pieno di sorprese perché praticavamo un calcio nuovo, diverso. L’anno dopo siamo tornati in Coppa dei Campioni e l’abbiamo vinta. In breve siamo arrivati in cima al mondo. È stato un momento grandioso. Quelli brutti sono stati pochi, anche se il più brutto è stato quello della seconda retrocessione. Ebbi un’infezione da stafilococco che mi tenne fuori da ottobre fino a febbraio. Venne comprato Maurizio Venturi per sostituirmi. Fu un’annata balorda”.

Poi ancora qualche battuta sulla Nazionale, sul Pallone d’Oro e sul ritiro della maglia numero 6: ” Ho vestito due maglie, quella del Milan e quella della Nazionale. Ho fatto tre Mondiali con un primo, un secondo ed un terzo posto. Mi è dispiaciuto non andare al Mondiale di Messico ’86, con Bearzot ho avuto delle divergenze normali, ma io posso solo ringraziarlo. Nel 1982 ero retrocesso con il Milan in Serie B e sono stato convocato per il Mondiale in Spagna. Partecipare a quella Coppa del Mondo mi ha fatto vivere momenti straordinari e mi ha lenito la delusione per la retrocessione. Tenevo moltissimo al Mondiale del 1994 perché ero capitano, c’erano tanti compagni di club e Sacchi allenatore. Quando mi sono infortunato alla seconda gara il morale era sotto i tacchi, vedevo che si stava frantumando la mia occasione. Devo solo ringraziare i miei compagni per aver giocato la finale, la squadra dimostrò grande carattere. È stato un successo giocare la finale, poi i rigori fanno parte del gioco. Anni dopo ci è andata meglio, nel 2006, sempre ai rigori. Pallone d’Oro? Ci sono andato vicino, ma davanti a me arrivò Marco van Basten in due occasioni, quindi non ebbi rimpianti. Ricordo quell’estate quando Berlusconi decise di togliere la maglia numero 6, fu un gesto emozionante per me. C’è sempre stata riconoscenza nei miei confronti da parte della società, Berlusconi anche lì giocò d’anticipo e sorprese tutti”.

Infine un retroscena sulla Juve: “Erano solo voci. A me personalmente non è mai arrivata la richiesta di cambiare e penso che il Milan non abbia mai voluto vendermi. Sono cresciuto in questo club e non ho avuto nemmeno il pensiero, quell’anno mi fecero capitano, non so se ero pronto ma ho imparato strada facendo. La mia scelta è stata ricambiata: diventare capitano è stato un onore ed uno stimolo enorme”.

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