Walter Samuel è considerato uno dei più forti difensori della sua generazione. Nel corso della sua carriera con i club ha vinto a livello nazionale due campionati argentini, sei campionati italiani, cinque Supercoppe italiane, tre Coppe Italia e due campionati svizzeri e a livello internazionale una Coppa Libertadores, una Champions League e un Mondiale per Club. Ha indossato le maglie di Newell’s Old Boys, Boca Juniors, Roma, Real Madrid, Inter e Basilea. Con la maglia della nazionale argentina ha disputato 57 partite e segnato 5 gol. Ha vinto un Mondiale Under 20 e un campionato sudamericano.
Il padre biologico lo abbandonò. E Walter cambiò il suo cognome da Luján a Samuel, quello del padre adottivo. Dopo il ritiro fa ritorno all’Inter con l’incarico di osservatore. L’anno successivo diviene collaboratore di Stefano Pioli sulla panchina del club nerazzurro, per poi tornare al suo ruolo originario dopo l’esonero del tecnico. Nel 2017 fa ritorno in Svizzera, accettando l’incarico di vice allenatore sulla panchina del Lugano al fianco di Pierluigi Tami. Attualmente ricopre il ruolo di collaboratore tecnico di Lionel Scaloni per la Nazionale argentina.
Difensore arcigno e possente, non a caso soprannominato “The Wall” (il muro). In carriera ha affrontato tanti avversari che lo hanno fatto soffrire: “Ne ho avuti parecchi che mi hanno fatto soffrire. Shevchenko, Vieri, Trezeguet, Ibrahimovic…dopo averli marcato tornavo a casa ed ero stanco morto. Però era molto bello affrontare i più forti perché dovevi stare sempre attento e stare sempre concentrato. Trezeguet toccava mezza palla e faceva gol, incredibile! Ho avuto la fortuna di giocare con tanti centravanti forti, in primo luogo Messi ma poi alla Roma ho giocato con Totti e Batistuta e all’Inter ho avuto la fortuna di giocare con gente del calibro di Eto’o, Ibrahimovic e Milito che per me è un fenomeno”.
Un divertente aneddoto, non per lui, fu con Cassano: «Partitella, lo chiudo sulla linea di fondo, mi dico ‘Ecco, adesso non ha spazio per muoversi da nessuna parte’. Con un tocco, uno solo, lui si gira e va via, da dove non l’ho mai capito: nello spogliatoio mi massacrò, gli altri ridevano, io avrei spaccato tutto».