Coronavirus, Dzemaili: “Sono in ansia per il mio bambino”. Poi parla di Mihajlovic e della Serie A

Blerim Dzemaili ha parlato di Coronavirus, della malattia di Sinisa Mihajlovic e della possibile ripresa del campionato di Serie A

CalcioWeb

Blerim Dzemaili, ex centrocampista del Bologna, ha rilasciato una lunga intervista al ‘Corriere dello Sport’ in cui ha affrontato diversi temi delicati: dal Coronavirus alle paure personali, dalla malattia di Mihajlovic alle soluzione per la ripresa del campionato di Serie A.

In questo momento Dzemaili si trova ad Hong Kong, in attesa di raggiungere la Cina e Donadoni: «Sono in attesa del visto per raggiungere Shenzhen. Per il momento mi sto allenando in palestra con il preparatore del club. Penso mi faranno il tampone e mi metteranno in quarantena per 14 giorni, come è accaduto a tutta la squadra. In Cina stiamo parlando di un’organizzazione assolutamente perfetta, un modello che tutto il mondo dovrà seguire».

Sulla scelta di trasferirsi in Cina a gennaio Dzemaili puntualizza: «Ora la Cina ha saputo sconfiggerlo questo maledetto virus, sono stati bravissimi, fin dal paziente zero hanno addirittura sigillato le case, chiuso paesi e città, e i risultati di oggi evidenziano che l’Italia, la mia Svizzera e tutti gli altri Paesi dovranno comportarsi come si sono comportati in Cina. Là è servita la repressione? Bene, servirà anche in Europa, perché per mantenere la vita uno deve essere disposto a fare anche il sacrificio più duro. E sono felice che ora ci sia questo ponte umanitario tra la Cina e l’Italia, chi ha un’esperienza per quello che ha vissuto è legittimo che dia una grossa mano a chi è ancora in mezzo alla bufera. Io posso dire agli italiani solo una cosa che hanno già detto gli uomini di scienza: restate chiusi in casa, perché la Cina ha dimostrato che il Coronavirus si può sconfiggere solo in questo modo, rispettando giorno dopo giorno le regole. L’esperienza cinese mi affascinava, quando Donadoni mi ha chiamato per domandarmi se ero interessato, gli ho risposto subito sì. Forse neanche il mister si attendeva questo mio decisionismo. Poi il fatto che il Bologna non mi avesse ancora proposto il rinnovo del contratto. Ho capito che la società aveva fatto legittimamente altre scelte e ne ho preso atto con grande serenità».

La situazione in Italia è drammatica: «Leggo, mi chiamano amici, mi raccontano cosa sta accadendo in Italia e in Svizzera. Tutti questi morti, soprattutto in Lombardia. Poi sono in ansia per il mio bambino».

Si passa poi ai difficili mesi della malattia di Sinisa Mihajlovic: «Quello che è accaduto a noi avrebbe ammazzato una squadra normale. Ma non il Bologna, soprattutto non il Bologna di Mihajlovic, che già dopo 5 mesi era, si comportava e giocava a sua immagine e somiglianza. Noi Sinisa ce lo avevamo addosso, dentro, è come se i suoi consigli, i suoi rimproveri e anche le sue urla fossero registrati nella testa di ciascuno di noi. Poi va detto che sono stati grandi tutti gli uomini del suo staff. Sinisa ci ha sempre detto che dovevamo giocare per la società, per i colori, per la gente e non per lui. La cosa più bella è quando ce lo siamo ritrovati in albergo due ore prima della partita di Verona. Ti confesso che quelli sono stati momenti estremamente emozionanti, piangevo io e piangevano tanti miei compagni, l’unico forte era Sinisa».

Qualche parola anche sul Bologna: «Al Bologna manca una punta da 15 gol. Basta guardare chi è davanti in classifica e chi ha in quel ruolo. Con questa punta e Lyanco già in questa stagione si sarebbe potuto lottare per arrivare in Europa. Chi mi ha sorpreso è Tomiyasu è una forza della natura, non ho mai visto un giocatore ambientarsi in Italia come si è ambientato lui nel giro di due mesi. Diventerà un grandissimo».

Chiusura sulla possibile ripresa del campionato: «In questo momento è meglio pensare al dramma con il quale devono convivere tantissime persone, niente è più importante della salute e della vita. Secondo me la soluzione migliore sarebbero playoff per lo scudetto, playoff per il settimo posto e playout salvezza. Anche il Bologna, il Parma, il Verona, e cioè tutte quelle squadre che a oggi sono in una posizione comfort, devono eventualmente tornare in campo. Ora se il calcio per cause di forza maggiore non potrà ripartire è un conto, ma se potrà farlo, mi sembrerebbe ingiusto che ci fossero squadre il cui campionato si è fermato a fine febbraio».

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