Roberto Baggio, l’epopea del “Divin Codino”. Le minacce di Agnelli, la testata di Schillaci e Mazzone

Si rinnova il classico appuntamento con la nostra rubrica "L'uomo del giorno". Protagonista di oggi è Roberto Baggio, fuoriclasse del calcio italiano

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Roberto Baggio è uno che non merita presentazioni, perché è un calciatore che tutti conoscono. E’ stato il numero 10 per antonomasia del calcio italiano è considerato da tantissimi come uno dei calciatori più forti della storia. Ed è uno che ha fatto innamorare sia i tifosi delle squadre in cui ha giocato sia quelli che lo avrebbero voluto nella propria squadra. Nasce il 18 febbraio 1967 a Caldogno, in provincia di Vicenza. Il padre cerca di trasmettergli la passione per il ciclismo ma non c’è verso. E’ il calcio la sua strada. All’età di 15 anni passa al Vicenza, in serie C. Non ancora maggiorenne, nella stagione 1984/85, segna 12 reti in 29 partite e aiuta la squadra a passare in serie B. Alla serie A non sfugge il talento di Roberto Baggio: viene ingaggaiato dalla Fiorentina. Esordisce nella massima serie il 21 settembre 1986 contro la Sampdoria. Il suo primo gol arriva il 10 maggio 1987, contro il Napoli. L’esordio in Nazionale risale al 16 novembre 1988, contro l’Olanda. Rimane con la Fiorentina fino al 1990.

Poi arriva quello che a Firenze è alto tradimento: il passaggio alla Juventus. Con la Juventus Baggio segna 78 reti in cinque campionati. Sono questi gli anni in cui raggiunge l’apice della sua carriera. Nel 1993 vince il Pallone d’Oro. La Juventus decide di puntare sul promettente Alessandro Del Piero e Baggio viene ceduto al Milan. Gioca solo due stagioni in rossonero, poi passa al Bologna. Arriverà a segnare 22 reti in 30 partite, il suo record personale, nonostante un rapporto non idilliaco con l’allenatore Renzo Ulivieri. Il presidente Massimo Moratti, da sempre estimatore di Roberto Baggio, gli offre di giocare nell’Inter. I risultati sono però altalenanti e l’arrivo di Lippi in panchina al posto di Gigi Simoni è la goccia che fa traboccare il vaso. Baggio accetta l’offerta del neopromosso Brescia. Con questa maglia, sotto la guida del veterano allenatore Carlo Mazzone, arriva a siglare la sua rete numero 200 in serie A, entrando con grande merito nell’olimpo dei goleador. Chiude la sua carriera con il Brescia il 16 maggio 2004 a San Siro contro il Milan; al suo attivo vi sono 205 reti in Serie A e 27 reti in 56 partite giocate con la maglia della Nazionale. Ha disputato tre Mondiali (’90, ’94, ’98). L’avventura negli Usa verrà ricordata soprattutto per il rigore contro il Brasile calciato altissimo sopra la traversa.

Detto “Divin Codino” per via della sua acconciatura, Baggio è buddhista convinto. Sposato con Andreina Fabbi dal 1999, insieme hanno avuto tre figli: la maggiore Valentina, e poi Mattia e Leonardo. Il suo ex agente Luigino Pellegrini ha sottolineato che accettò la Juve solo per le minacce di Agnelli, altrimenti non avrebbe giocato il mondiale Italia ’90. Diversi gustosi aneddoti nella carriera di Baggio. Uno è venuto fuori dalla voce di Totò Schillaci: “‘Lui negli spogliatoi mi provocava e scherzava. Io ero seduto e stavo leggendo il giornale, lui con la gamba continuava a colpire il giornale. Io gli dicevo ‘basta, finiscila’… Una, due, tre volte… Alla quarta mi sono alzato e ad un certo punto di ho mollato una testata. Trapattoni si presentò con i guantoni e scherzando disse ‘la prossima volta usate questi’…”.

Carletto Mazzone ha raccontato di come convinse Baggio ad accettare il Brescia: “Un giorno apro il giornale e leggo che la Reggina sta trattando Baggio. Telefono a Cesare Medori, un amico di Roberto, una cara persona che non c’è più e gli chiedo: “Ti chiedo un piacere, chiamalo e fammi parlare con lui”. Baggio mi disse che era vero ma che non era convinto perché non voleva allontanarsi dalla famiglia. Colsi al volo l’opportunità e gli chiesi: “Ti piacerebbe giocare a Brescia?”. Roberto rispose: “Magari”. Saltai in macchina, andai nell’ufficio del presidente Corioni e gli proposi: “Perché non portiamo Baggio a Brescia?”. Corioni ci pensò un attimo e rispose: “Baggio è come il cacio sugli spaghetti”. Roberto stava allenandosi a Caldogno, con il suo preparatore personale. Mi raccontò “Dribblo il mio preparatore e davanti ho il deserto”. Questa è la storia dell’emarginazione di Roberto Baggio. Perché fu emarginato? Dicevano che era rotto. Un paio di allenatori importanti gli avevano fatto terra bruciata. Cattiverie… Da anni Roberto aveva un ginocchio che lo faceva tribolare, ma si curava. Si presentava agli allenamenti un’ora prima per fare fisioterapia e potenziamento ed era l’ultimo ad abbandonare il campo. E poi le partitelle con lui diventavano poesia… Che cosa ha rappresentato Baggio nella mia carriera? Mi ha reso bello il finale. Sono stato un allenatore fortunato: vivere il tramonto della mia professione con lui è stata una magnifica esperienza. È stato difficile gestirlo? Baggio è stato uno dei più grandi calciatori italiani di sempre. Ma è stato più grande come uomo. Sì, lo posso dire: l’uomo supera il giocatore…. “.

Un rapporto speciale che forse nel calcio non c’è più. Altri tempi, altri uomini, altri giocatori.

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