Nato a Swansea il 27 dicembre del 1931 da umile famiglia, sin da giovane Charles aveva seguito le orme del padre, che lo avevano condotto nelle miniere. Durante gli anni di leva viene avviato alla carriera pugilistica e per un anno sale sul ring con un ottimo ruolino: dieci incontri, dieci vittorie, delle quali 5 per KO. Ma non sarà quello il suo mestiere, non è la sua aspirazione. D’altronde per carattere non era un violento. E così il maggiore Gordon aggrega Charles alla Nazionale Militare e da quel momento nella sua vita non ci sarà altro che il calcio. Charles è di una bontà fuori dal comune. In Italia più di una volta rinunciò a segnare per soccorrere un avversario involontariamente colpito nel liberarsi dalla marcatura.
Primo gallese a giocare in Serie A, fu uno dei pochi britannici a sfondare nel calcio italiano. Cresciuto nel Leeds United arriva alla Juventus nel 1957: con i bianconeri conquista tre scudetti e due coppe Italia, formando con Omar Sivori una delle coppie più prolifiche del campionato italiano. Nei cinque anni alla Juventus segna 105 gol in 182 partite disputate. Dotato di grande forza fisica, Charles era straordinario nel colpo di testa. Dopo una stagione alla Roma, ritorna nel Regno Unito, nel Cardiff City, con cui conquista ancora due coppe del Galles. Chiude la carriera nel 1972 a 40 anni.
Un paio di gustosi aneddoti descrivono il suo animo buono oltremodo ma anche la sua forza fisica. Alla fine di un derby, il gigante buono John Charles mostrò, nello spogliatoio, la spalla sulla quale erano rimasti in modo molto chiaro dei segni di denti, perché lo stopper avversario lo aveva morsicato, per fermarlo in qualche modo. A chi gli chiedeva come mai rideva della cosa, John fece rispondere da Sivori, il quale precisò che se mai il gallese si fosse arrabbiato e avesse messo in atto qualsiasi reazione, l’avversario sarebbe morto. Una volta finì contro un palo e rimbalzò, mentre il palo vibrava. Molti spettatori pensarono all’infortunio del calciatore. Fu, invece, il palo a risentirne perché l’urto gli aveva tolto la guaina stretta del terreno.
Una volta raccontò di quando, nel Galles, fece il suo primo viaggio con la squadra. Era in treno, passò l’uomo con i panini offerti dalla società, lui aveva fame, allungò una mano, un anziano della squadra gliela trapassò con un coltello e gli spiegò che aveva mancato sul piano dell’educazione e lo ammonì a dare sempre la precedenza a quelli più vecchi. Quando capitava che travolgesse un avversario, John subito lo aiutava ad alzarsi e gli chiedeva scusa.
Non fu facile lasciare la Juventus: «Rimpiango di non essere arrivato prima in Italia, in questo paese magnifico, fatto per gente eccezionalmente simpatica. Se così fosse stato, anche la mia famiglia avrebbe assimilato, come ho fatto io, il vostro modo di vivere. Ma adesso avverto il bisogno di tornare a casa; i miei figli cominciano a essere grandi e mia moglie Peggy sostiene che non possiamo più perdere del tempo. Dovranno vivere in Inghilterra, è necessario che, nel minor tempo possibile, diventino inglesi. Per questo John Charles, vi lascia e vi saluta; io, lo giuro, sarei rimasto tra di voi per sempre. Ma non posso! Non posso proprio!»
Nel mezzo di una partita in cui John era stato bersagliato di falli non reagì mai, ma chiese a Boniperti di difenderlo: “Boni, fai tu qualcosa, difendimi: io non ne sono capace!”. Era quasi impossibile riuscire nell’impresa di far perdere la pazienza a Charles, quasi, perchè Sivori, invece, vi riuscì. L’argentino, in una sfida interna contro la Sampdoria, rimediò un’espulsione per un brutto fallo e si scagliò contro l’arbitro in preda a una delle sue crisi isteriche; fu allora che John richiamò il compagno e lo colpì sul viso, nel tentativo di calmarlo: Omar nutriva per lui un rispetto terribile, tanto da incassare senza reagire.
Affetto da problemi cardiovascolari, nel gennaio 2004 soffrì di un aneurisma all’aorta addominale prima di un’intervista per La Domenica Sportiva, e successivamente dovette essere sottoposto alla parziale amputazione di un piede. Morì il 21 febbraio dello stesso anno, a Wakefield, all’età di 72 anni.