Il 2 ottobre del 1935 nasceva a San Nicolas, vicino Buenos Aires, uno dei calciatori più forti della storia: Omar Sivori. Componeva il trio degli “Angeli dalla faccia sporca” nella nazionale argentina, insieme ad Angelillo e Maschio. Si divertiva ad irridere gli avversari a suon di dribbling e tunnel. La Juventus per assicurarselo versò nelle casse del River Plate 10 milioni di pesetas. Nella stagione 1957-58 i bianconeri vincono lo scudetto e Sivori è subito protagonista. Era educato e selvaggio Enrique Omar Sivori. Il suo aspetto, con quel testone pieno di capelli neri, gli valse il soprannome di “El Cabezon”, il testone appunto. Un ribelle in campo. Non aveva una posizione, andava dove voleva lui. Concedeva interviste quando voleva ed era in vena, altrimenti guai a chiedergliele.
Tre scudetti, tre Coppe Italia, 215 partite e 135 gol. E che gol! Segnava anche quando voleva lui. A volte scartava il portiere e aspettava il ritorno dei difensori per poi depositare in rete. Nel 1965 lasciò la Juve e si accasò al Napoli. Il tempo di mostrare il suo talento anche in Campania e di guadagnarsi 6 giornate di squalifica. Perché questo era il suo limite. Meraviglioso, ma fumantino. Prese 33 giornate di squalifica durante i suoi anni in Italia. E’ tutt’oggi l’unico insieme a Piola capace di segnare 6 reti in una singola partita di Serie A. Riuscì a giocare anche 9 partite con la Nazionale italiana segnando 8 gol. Darà il suo commosso addio al calcio giocato, in televisione, il 21 dicembre 1968 durante la tredicesima puntata di Canzonissima. Morì il 17 febbraio del 2005, in Argentina, per un tumore al pancreas. La sua classe può essere riassunta da una frase di Gianni Agnelli: “Sívori è più di un fuoriclasse. Per chi ama il calcio è un vizio”.