Un personaggio, un’icona, un simbolo. Con i suoi pregi, tanti (in campo) e i suoi difetti, tanti (fuori). Oggi, 30 ottobre, è il giorno del ‘Diez’, di ‘D10S’, il giorno di Diego Armando Maradona. L’ex stella argentina compie 59 anni, tanti auguri al ‘Pibe de Oro’.
Secondo tanti, il migliore. Per ciò che faceva, per ciò che era, per ciò che ha lasciato. Croce e delizia, genio e sregolatezza, eleganza e stravaganza. Uno dei pochi al mondo vinceva le partite da solo, ma anche i campionati e le Coppe del Mondo. Una personalità difficile la sua, andava capito e andava… lasciato fare. Un leader, un capitano che amava prendere iniziative e si esaltava in queste situazioni.
I primi anni per lui sono in patria. Nasce a Lanus nel ’60 e si fa conoscere tra Argentions Juniors prima e Boca poi. E’ un predestinato, si vede. Il Barça gli butta gli occhi addosso. Troppi infortuni in Spagna, e la notorietà e il successo iniziano a dargli alla testa. Vuole stare più lontano dai riflettori, sceglie Napoli. La città partenopea vive un sogno. In pochi anni gli azzurri vincono due Scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. Ferlaino, che aveva regalato questo grande acquisto ai tifosi, costruisce la squadra intorno alla sua stella, trascinatore fantastico di una squadra, di una città e di un ambiente che si fondono in una cosa sola.
In quegli anni, esattamente nell’estate ’86, Maradona vince praticamente da solo anche la Coppa del Mondo con la sua Argentina in Messico. Ai quarti contro l’Inghilterra, vinti per 2-0 con una sua doppietta, è capace in un sol colpo di far emergere tutto il suo genio e la sua furbizia. Segna il gol del secolo, prima, poi un altro con la mano che l’arbitro convalida. E’ ‘la mano de D10S’.
Dopo Napoli, un anno a Siviglia e poi il ritorno in patria, prima al Newell’s e poi al Boca. Dal 1994 inizia la carriera da allenatore. Tutte esperienze fuori Europa, tra cui l’incarico di ct dell’Argentina ai Mondiali 2010 in cui esce ai quarti di finale.
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