Sotto i colpi del calcio moderno si stanno ormai estinguendo due simboli che avevano sin qui resistito: le maglie ‘1’ e ’12’
Un tempo, quando i numeri di maglia dei calciatori titolari andavano dall’uno all’undici, ognuno di essi aveva una valenza ben precisa, da associare al ruolo ricoperto in campo. Giusto per fare qualche esempio: ‘1‘ per il portiere, ‘6‘ per il libero (ruolo peraltro più che pensionato) e ‘9‘ per il centravanti. Tempi lontani, spariti sotto i colpi della numerazione fissa, tanto cara al marketing, che ha stravolto ogni canonica regola non scritta al riguardo. Un numero, però, sembrava sopravvivere all’avanzare dei tempi: l’uno, glorioso come pochi altri, prerogativa esclusiva dei portieri titolari. Al punto che, nei primi anni del 2000, il ’10’ di Lupatelli o il ’14’ di Fortin rappresentavano un’eccezione assoluta.
Negli ultimi anni anche questa consuetudine è andata via via svanendo. Mai come nella stagione in corso, infatti, si era avuto un quantitativo così basso di portieri titolari con addosso l’affascinante casacca: appena sei su venti squadre di Serie A. Nello specifico, gli estremi difensori saldamente legati alla tradizioni sono Bizzarri del Chievo, Perin del Genoa, Handanovic dell’Inter, Buffon della Juventus, Padelli del Torino e Rafael del Verona. Nei restanti quattordici club, l’estremo difensore titolare ha optato per un numero diverso. Eclatanti i casi di Fiorentina, Lazio ed Udinese, dove la ‘1’ è addirittura libera.
Capitolo a parte meritano Milan e Carpi: i numeri ‘1’ Diego Lopez e Brkic avevano cominciato la stagione da titolari, salvo poi cedere il posto, rispettivamente, a Donnarumma (99) e Belec (27). In alcune squadra la maglia numero uno è prerogativa persino del terzo portiere: Lobont alla Roma, Pomini al Sassuolo e Radunovic all’Atalanta. E se il ’25’ di Reina del Napoli ci può tutto sommato stare, difficile è comprendere il numero ‘2’ di Viviano della Sampdoria. Ma se pensate che la nostalgia per ciò che è stato riguarda solo la casacca numero 1, vi sbagliate di grosso. Già, perché è naturale chiamare in causa, adesso, anche la numero 12.
Negli anni addietro era esclusiva del portiere di riserva, il dodicesimo uomo appunto: storici esemplari ne sono stati Bodini alla Juventus, vice Zoff prima e Tacconi dopo, e Orsi alla Lazio, sostituto naturale di Marchegiani. Oggi, andando a visualizzare gli elenchi dei numeri di maglia di Serie A, possiamo notare come ben dodici club su venti non abbiano assegnato la ’12’: parliamo di Atalanta, Bologna, Genoa, Verona, Lazio, Milan, Napoli, Roma, Sampdoria, Sassuolo, Torino ed Udinese. E se per Atalanta, Genoa, Lazio e Torino si tratta di una scelta delle società, che hanno voluto ritirare la ‘12’ in omaggio alla propria tifoseria, per il resto tutto è riconducibile al fatto che nessun giocatore abbia voluto prenderla.
Ma andiamo oltre perché, scorrendo le liste delle otto che hanno in rassegna la casacca ’12’, notiamo che solo in un’occasione essa è finita sulle spalle di un portiere, Tatarusanu della Fiorentina, peraltro il titolare di ruolo. Per il resto, troviamo sette giocatori di movimento: i difensori Cesar (Chievo), Telles (Inter), Alex Sandro (Juventus) e Gonzalez (Palermo), il centrocampista Ronaldo (Empoli), gli attaccanti Borriello (Carpi) e Longo (Frosinone). Niente di rivoluzionario per gli amanti del calcio ultramoderno, un colpo al cuore per i nostalgici del calcio che fu e che non tornerà. Impossibile stabilire se sia meglio il passato o se siano decisamente più divertenti i tempi moderni, dove le prodezze di un campione sono spesso legate indissolubilmente ad un determinato numero (vedi CR7, alias Cristiano Ronaldo). Questione di gusti: ad ognuno il suo.