Coppa Italia, De Rossi ammette: “Ho paura per i prossimi Roma-Napoli”

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de rossiDaniele De Rossi non ha dimenticato i fatti accaduti durante la finale di Coppa Italia, e non nasconde un certo timore per il futuro: “Sono preoccupato per quello che potrà succedere nel prossimo Roma-Napoli e anche Roma-Fiorentina, per i rapporti non magnifici tra le due tifoserie. Brutta storia quella di Ciro Esposito, anche se gli ultrà hanno i loro codici. Dico: c’è uno, ancora in ospedale, che lotta tra la vita e la morte e tu non lo rispetti? Ti fai subito giudice, ti schieri sulla pelle di un ragazzo intubato a letto? Sarebbe meglio prima verificare la ricostruzione dei fatti, aspettare che il ferito esca dalla rianimazione”.

Una rivelazione sul passato, quella voglia di estero sempre frenata dall’amore per la maglia: A 20 me ne sarei dovuto andare via dall’Italia, fare esperienza di vita e di calcio all’estero. Avrei giocato più Champions e forse più finali. Allargato i miei confini, e i miei confronti professionali. Ma io solo non ci sono mai stato, sono sempre andato a pranzo da mamma e papà, che abitano a tre minuti da me. Stavo nel brodo, molto coccolato, molto figlio. Difficile cambiare una cuccia comoda, più facile che te la aggiusti. Roma ti strega, da qui è quasi impossibile partire. I tifosi ti amano, ti seguono, se cadi, aspettano il tuo riscatto”.

Non è però mai stata una questione di soldi, visto che in Serie A è proprio lui il più pagato: “Sì. Sono il più pagato della serie A. Sei milioni e mezzo a stagione. Secondo i tifosi mi dovrei vergognare, quando non gioco bene, come se mi facesse piacere non essere sempre all’altezza. Se un cantante gira in Jaguar è figo, se ci gira un calciatore è stronzo. Non l’ho mai nascosto, quando c’era da rinnovare il contratto: gioco per chi mi dà più soldi. C’è un mercato, c’è un valore, non rubo. Se Madonna guadagna tanto significa che è brava, se lo fa un calciatore è solo un mangiasoldi. Per i tifosi dovresti sempre strisciare e batterti il petto. Ti considerano una loro proprietà: se perdi e giochi male hai rovinato e distrutto la loro vita. Altro che guadagnare, devi pagare. Di una cosa sono fiero, quando sotto la gestione Zeman non giocavo, non ho fatto polemiche, mi sono piaciuto moralmente, non sul campo”.

Non manca però l’autocritica, con i riferimenti alle troppe espulsioni per falli di reazione: Me ne vergogno. Io non sono un killer, né una carogna, non rosico se qualcuno mi supera, non covo vendette, non colleziono cartellini rossi. E da piccolo non ero un attaccabrighe. Ma non sopporto che qualcuno mi stringa, mi trattenga, mi tocchi. È una questione fisica, mi dà fastidio, non ci vedo più, mi si gonfia la vena. Non faccio il duro che disprezza quello che passa nella testa, ma voglio tenermi a bada. Reagisco poco, ma quando capita, faccio male. Sono anche sicuro che non capiterà mai più. Oddio: aggiungiamo quasi mai più. Da allenatore non metterei il codice etico, anche il ragazzo più buono del mondo può andare in confusione. Ma se c’è e lo sottoscrivi, devi anche accettarlo con grande serenità. Ho perso delle chiamate in nazionale per il codice etico, ma non posso né voglio fare la vittima. Lo ripeto: gomitate e cazzotti non sono un mio marchio di fabbrica”.

Nel 2006 poi il Mondiale vinto non riuscì a goderselo del tutto, a causa della gomitata a McBride che gli costò 4 giornate di squalifica. E in quell’occasione fu molto importante Andrea Pirlo: “So che in Brasile è l’ultima volta che giocherò con Andrea Pirlo, e non ci voglio pensare, sennò mi commuovo. Quando in Germania ero a pezzi, per la squalifica di quattro giornate, Andrea mi ha portato a cena con la sua famiglia e mi ha fatto sentire che non ero un reietto. Allora c’era anche Alessandro Nesta che subì un brutto infortunio e con cui ci siamo fatti compagnia”.

Storia un pò diversa poi, quella dei Mondiali in Sudafrica: “Sono andato proprio male. Ma ero fuso, vuoto, bruciato dentro. Con la Roma in campionato avevamo rincorso l’Inter fino all’ultima giornata. Gli stimoli non tornavano. In più quella spedizione non era proprio ben organizzata, anche perché il Sudafrica non ci dava libertà di spostamento. Dovevamo stare sempre attenti. Sì, dicevamo di essere concentrati sulla partita, ma in realtà avevamo fatto i calcoli, convinti di passare il turno. La testa era già avanti, ma i piedi purtroppo indietro. Non dico fossimo dei bugiardi, è che mentivamo anche a noi stessi”.

Ma adesso questo è passato. C’è una nuova avventura da sostenere, e De Rossi sa su chi puntare: “Molto faticosa, scientifica, bella. A Coverciano abbiamo lavorato da matti, ma i preparatori ci hanno sempre spiegato tutto e a cosa servivano i test. L’ho trovato stimolante, non noioso, sarà che sono curioso, soprattutto su come reagisce il mio corpo. ‘Casetta Manaus’, dove è stata ricreata l’umidita asfissiante dell’Amazzonia, ti ammazzava. Correrci era tosto, ma almeno sappiamo cosa ci aspetta. Io non ho brutte sensazioni sul mondiale in Brasile. Soffriremo, ma siamo una nazionale che ha esperienza e sa compattarsi nelle difficoltà. Suderemo, e il girone sarà il nostro banco di prova. Mario? Esagera, qualche stupidaggine la fa. In un momento di crisi come questo se giri in Ferrari non susciti molte simpatie. Ma ai tifosi dico: com’è che Balotelli è nero solo quando c’è da contestarlo? Perché quando segna nessuno lo scansa e tutti lo vogliono? Scommettiamo che se ai mondiali segnerà un gol a partita nessuno farà più caso al colore della pelle? Anzi, saremo orgogliosi di avere un italiano come lui”.

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