Wilt Chamberlain è (universalmente considerato) uno dei più grandi giocatori di basket di sempre, nonché uno degli atleti più estroversi che abbiano messo piede su questo pianeta. Se porti un cognome del genere decidere di giocare a pallacanestro vuol dire imbattersi in un paragone che difficilmente, molto difficilmente, ti vedrà vincitore. Poi tu con The Big Dipper hai davvero poco in comune. Lui d’altezza faceva 2e17, quindi ti mancherebbero bei 40 centimetri. Ha il record di 100 punti in una partita e quello, meno censito, ma ormai riconosciutogli di 20.000 ragazze, e su questo forse ci puoi lavorare, ma sempre dura è. Poi lui è di Filadelfia (Stati Uniti), tu di Portsmouth (Inghilterra), loro hanno inventato la pallacanestro, voi quello che loro chiamano soccer (che dannazione a loro, si chiama football), considerato che papà giocava a calcio: meglio giocare a calcio, almeno questo paragone, se proprio va fatto, rimane in famiglia.
Non era per sminuire, ma raccontare il talento di un ragazzo che di cognome fa Chamberlain, richiama alla memoria il grande Wilt.
Ci pensa la madre a distinguerlo dall’Orsa Maggiore, pretendendo che il figlio porti anche il suo cognome, così il 15 agosto del 93 all’anagrafe di Portsmouth il padre registra: Alexander Mark David Oxlade-Chamberlain.
Chamberlain padre è stato una buona ala destra ed ha lasciato bei ricordi a Bruslem col Port Vale, a Stoke e a Portsmouth. Mentre il padre conclude la carriera nell’Hampshire, precisamente a Fareham, dove fa il giocatore-allenatore, Alex inizia la sua con i vicini di casa: il Southampton.
Nella Saints Academy crescono tra gli altri Gareth Bale, Theo Walcott e Adam Lallana, di poco più grandi di Alex, che come loro si forma calcisticamente fino all’estate del 2010 quando firma il primo contratto professionistico con i Saints. Ai tempi il Southampton non è quello che conosciamo oggi di Ramirez e Jay Rodriguez, quello da ottavo posto di Premier. Viaggia nella Terza Divisione inglese, fino al biennio dal 2010 al 2012 in cui compie il doppio salto fino alla massima serie.
Contribuisce anche Alex, ormai noto come The Ox, per via del suo cognome, ma anche perché “ox” in lingua albionica vuol dire “bue” che calza a pennello per uno con quella stazza fisica e quella ostinazione, uno che nell’anno della promozione dei Saints in Championship gioca 41 partite andando in rete 9 volte.
Dal padre ha ereditato il ruolo, è un’ala anche lui, solo che lui gioca a destra e a sinistra senza problemi, è ambidestro e corre il doppio più veloce di quanto faceva il papà vestito da Potter e da Pompey.
Ha un dribbling secco ed è finito sul taccuino di Arsene Wenger, sempre attento ai giovani emergenti ed ormai stanco di fare da Vladimiro o da Estragone di Beckettiana memoria ed essere fin troppo protagonista di un Waiting for “Walcott” ed in attesa che Theo si decida ha bisogno di una valida alternativa: The Ox è perfetto e a gennaio 2011 firma e si accasa a nord di Londra.
Il 28 agosto viene catapultato al teatro dei sogni di Manchester per il debutto. Old Trafford che si trasforma nel teatro degli incubi: Ox tutto poteva immaginare, ma mai di debuttare in un 8a2 per lo United. A febbraio 2012 sarà il momento di timbrare il cartellino, con un doppietta nel 7a1 all’Emirates contro il Blackburn.
Nell’ultima stagione la sfortuna è dalla sua: alla prima di Premier dopo aver regalato l’assist gol a Giroud, in un contrasto con Luna dell’Aston Villa, il ginocchio salta e lo costringe ai box per 6 mesi.
E’ sempre una brutta tegola, ma nell’anno dei Mondiali lo è ancor di più. Ma al giro di boa del campionato, con l’Aston ancora di scena, fa il suo rientro, si gioca le sue carte fino all’ultimo giorno utile e nonostante tutto il CT dei leoni Roy Hodgson qualche giorno fa lo ha incluso nei 23 per il Brasile, ergo ce lo troveremo contro nel girone mondiale.
L’Inghilterra si aspetta molto da lui, che in patria è molto considerato, ha un suo sito personale col quale si diverte come Dr. Chambo nella sezione multimediale oxtv, appassionato di golf ed attivissimo su vari social non manca di followers.
Beh, non avrai certo quelli che aveva Wilt senza i supporti social, ma ognuno ha la sua storia, quindi non temere paragoni: sei tu il solo Chamberlain della Meglio Gioventù.