Calciopoli, i giudici della Corte d’Appello di Napoli: “Moggi ideatore”

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toga-giustiziaSecondo i giudici esisterebbero “molteplici e articolati elementi probatori sulla sussistenza del reato di associazione per delinquere di cui si sono resi responsabili diversi imputati, tra cui l’ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi“. Sono queste le motivazioni della sentenza di secondo grado, emessa nel dicembre scorso, sul processo Calciopoli.  In base a quanto riportato nella sentenza, in sostanza, Moggi “esercitava un ruolo preminente sugli altri sodali. Dagli atti processuali – si legge nelle motivazioni – emerge il suo ruolo preminente sugli altri sodali: non solo ha ideato di fatto lo stesso sodalizio, ma ha anche creato i presupposti per far sì di avere un’influenza davvero abnorme in ambito federale”. Non solo: l’ex dg, infatti, avrebbe avuto “una molteplicità di rapporti a vario livello con i designatori arbitrali fuori dalle sedi istituzionali, ai quali riusciva a imporre proprie decisioni e proprie valutazioni su persone e situazioni coinvolgendoli strettamente così nella struttura associativa e nel perseguimento della comune illecita finalità. Appaiono eclatanti le diverse incursioni di Moggi, assieme a Giraudo, negli spogliatoi di arbitri e assistenti”.

Un ruolo importante, inoltre, lo esercitavano anche i designatori arbitrali Pairetto e Bergamo ed il vicepresidente della Figc Mazzini.

La Corte d’Appello di Napoli parla, inoltre, di una “leggerezza e apparente convivialità con cui avvenivano gli accordi per la designazione delle griglie arbitrali tra personaggi come Bergamo, Moggi o Giraudo, appare gravissima alla luce della evidente lesione del principio di terzietà che dovrebbe presiedere alla scelta di un direttore di gara”. Per i giudici le conversazioni portate alla luce dalle indagini “mostravano nella scelta dell’eloquio anche la durezza dei rapporti che intercorrevano tra alcuni partecipi al sodalizio e dell’evidente obiettivo di impossessarsi e di mantenere un potere di controllo”.

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