Antonio Maurizio Schillaci, classe 1962, era una giovane promessa delle giovanili del Palermo. Agli esordi con i rosanero 2 gol in 4 partite prima della felice esperienza al Licata, sotto la guida di Zdenek Zeman, che pochissimi anni dopo avrebbe sconvolto il calcio italiano con il suo Foggia ed i suoi schemi super offensivi ed innovativi. Il boemo voleva fare carte false per portarlo con sè a Foggia, ma la chiamata della Lazio non si poteva rifiutare e così Schillaci si trasferì in biancoceleste. Il lusso, le auto (38 diverse) e soprattutto un infortunio, quello che gli rovinerà la carriera. Il prestito al Messina, dove faceva a gare con il cugino Totò a chi faceva più gol. “Tutti dicevano che ero più forte di lui – ricorda Maurizio Può essere. Di sicuro io non ho avuto la sua fortuna”.
Poi la Juve Stabia, la droga, cocaina ed eroina. Carriera in frantumi: adesso è un uomo solitario, senza soldi. Vive da clochard a Palermo. Non ha lavoro, non ha casa. fa il mendicante, chiede l’elemosina per comprarsi le sigarette. Dorme in un treno fermo da anni alla stazione. Con Totò non si sente più. “Soldi per aggiustare le partite? Solo una volta me li hanno proposti. Giocavo nel Licata, a Casarano, lo dissi subito a Zeman. Mi disse di rifiutare. Poi finì 0-0, prendemmo 8 pali… Ma a volte le partite si decidono in mezzo al campo, parlando…”.