La storia di Arrigo Sacchi, l’uomo che ha cambiato il calcio italiano
Il Parma
Arrigo Sacchi, nato a Fusignano nel 1946, potrebbe essere considerato tranquillamente come il miglior allenatore della storia del calcio italiano.
La sua ascesa nel panorama calcistico avvenne nel lontano 1987, quando Silvio Berlusconi decise di affidargli la prestigiosa panchina del Milan, squadra in piena crisi. A dire il vero Sacchi si era già fatto notare al Parma, squadra che aveva portato in serie B attraverso un grande gioco. A convincere i rossoneri ad affidarsi ad un allenatore sconosciuto fu la partita di coppa Italia tra il Milan e i ducali a San Siro, vinta clamorosamente dai gialloblu. Berlusconi se ne innamorò e contro tutto e tutti ingaggiò Arrigo Sacchi.
I trionfi al Milan
La scelta di Sacchi, fortemente contestata dalla stampa, fu sempre difesa dalla società che diede carta bianca all’allenatore. Lo stratega romagnolo propose un innovativo 4-4-2 ispirato all’Olanda di Cruyff, quella del calcio totale. Al centro delle polemiche per i suoi duri metodi di allenamento ed uno schema, considerato folle, che in Italia non adottava nessuno, testardamente continuò ad affidarsi alle sue idee, che si rivelarono poi estremamente vincenti. Il Milan divenne in pochi mesi la più forte squadra al mondo ed in pochi anni, probabilmente, la migliore della storia del calcio italiano e forse del calcio europeo. In rossonero fino al 1991, Sacchi non scese mai sotto il 3° posto in serie A e conquistò la bellezza di uno scudetto, due Champions League, due Coppe Intercontinentali, due Supercoppe Europee ed una Supercoppa Italiana. Partite come Milan-Napoli 3-2, Milan-Real Madrid 5-0 e Milan-Steaua Bucarest 4-0 diventarono memorabili ed indelebili nel tempo. Quei risultati furono frutto del suo gioco, del suo sistema e delle sue invenzioni, a cui una marea di allenatori si sarebbero poi ispirati nel futuro.
L’Italia
Assunto alla guida della Nazionale Italiana, riuscì a portare il suo sistema di gioco anche in azzurro, guadagnandosi i complimenti di mezzo mondo, ma anche i dissapori con alcuni calciatori di talento, che non trovavano posto nel suo 4-4-2. Le esclusioni eccellenti di Walter Zenga, Giuseppe Bergomi, Roberto Mancini e Gianluca Vialli divisero l’opinione pubblica, così come la gestione di Giuseppe Signori, Roberto Baggio ed anche Alessandro Del Piero, spesso sacrificati in ruoli difensivi. Il Mondiale del 1994, probabilmente unico rimpianto della carriera di Sacchi, sfumò ai calci di rigore contro il Brasile, a causa dell’errore fatale di Baggio, che ebbe però il merito di portare gli azzurri fin lì. L’Europeo 1996 fu fallimentare e di fatto concluse l’avventura di Sacchi come ct.
Le ultime esperienze
Tornato al Milan nel 1996, non riuscì a ripetere i successi del passato, concludendo all’11° posto la nefasta stagione rossonera. Nel 1998 firmò per l’Atletico Madrid, ma non reggendo determinate pressioni decise per le dimissioni dopo pochi mesi ed il termine della carriera d’allenatore. Nel 2001 accettò di allenare nuovamente il Parma, ma dopo sole 3 partite, senza sconfitte, optò nuovamente per le dimissioni a causa del nervosismo che la vita in campo gli provocava.
Passò quindi con successo al ruolo di direttore tecnico, scoprendo talenti come Gilardino, prima al Parma e poi al Real Madrid.
Scelto dalla Figc nel 2010 come coordinatore tecnico delle Nazionali giovanili, abbandonò l’incarico dopo il Mondiale 2014.
Il secondo ritorno al Milan
Oggi è tornato al Milan. Il suo incarico sarà molto importante. Sacchi sarà infatti consulente del progetto giovani. Il credo sacchiano si sposa alla perfezione con l’idea di calcio che intende far proprio il Milan: gioco offensivo e moderno, da proporre sin da subito nelle squadre giovanili in modo da garantire ai talenti un inserimento più facile in prima squadra.